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Next Generation Network, così vicina così lontana

21 Luglio 2008

Next Generation Network, così vicina così lontana

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Nella sua relazione annuale, il Garante per le comunicazioni ha fotografato la realtà globale di Internet, sottolineando l'esigenza in Italia di un'infrastruttura di rete più moderna e meno vincolata. Una soluzione che incontra molti favori e altrettanti ostacoli. Il parere degli esperti

La relazione annuale del Garante per le comunicazioni Corrado Calabrò, resa pubblica la settimana scorsa, ha sottolineato uno scenario al quale ormai siamo abituati da anni in Italia. Il settore delle comunicazioni – sebbene in crescita – continua ad apparire poco dinamico e ancora dipendente dall’azienda dominante. Il Garante sottolinea la necessità di un’infrastruttura di rete più moderna e di una crescita delle aziende che al momento detengono quote di mercato ancora non rilevanti. A livello globale, grazie al traino dei servizi multimediali e agli accessi in banda larga, l’Europa aggancia gli Stati Uniti come fatturato, ma l’area geografica maggiormente in crescita è rappresentata dal comparto asiatico (Cina, India). Globalmente gli accessi in banda larga hanno registrato un incremento del 27%. Sul fronte tecnologico il cavo in rame, potenziato dalle tecnologie Dsl, continua a essere il mezzo trasmissivo più usato (65 %); soprattutto in Europa, dove la presenza della vecchia rete in rame fa da padrone per la maggioranza degli accessi. Da questo punto di vista Francia, Germania e Italia si attestano ai massimi livelli con percentuali relativi al cavo di rame superiori al 95%, mentre per il resto d’Europa la quota è comunque superiore al 70%.

La previsione di crescita del traffico dati, secondo il Garante, è stimata nell’ordine del 200-250 % nei prossimi due anni. Il rischio, allo stato attuale della rete, è quello di avere una forte congestione. Emerge prepotente la necessità di avere una infrastruttura di rete che sia moderna e che possa reggere il carico di questa grande crescita. La soluzione per il futuro è la Next Generation Network, una rete trasversale basata su Ethernet e sul protocollo Ip in grado di supportare grandi moli di traffico. Questa grande crescita dei dati scambiati va cercata, secondo il Garante, nell’utilizzo sempre maggiore di contenuti personalizzati e dal successo inaspettato dalle applicazioni di social-networking, pubblicazione di contenuti e instant messaging. Lo scenario futuro ancora non appare delineato, quindi possiamo solo ipotizzare quale sarà la tendenza trainante o il tipo di utilizzo del web che potrà essere predominante.

Abbiamo chiesto un’analisi della situazione, così com’è fotografata dalla relazione annuale del Garante, ad alcuni esperti del settore. «Crescerà tutto ciò che è consumer, con un grande incremento in particolare del peer to peer», dice il giornalista specializzato Alessandro Longo. «Per quanto riguarda in particolare i contenuti, avrà buone prospettive il video sul web, broadcaster compresi. Un po’ come già avviene in Svezia, dove però la maggior parte degli appartamenti sono cablati in fibra ottica. Queste sono brutte notizie per gli operatori, che dovranno investire nell’infrastruttura ricavandone in cambio una scarsa remunerazione». Secondo Stefano Quintarelli, imprenditore di lungo corso nel settore, le previsioni del Garamte sono ottimistiche, ma a sua volta concorda che saranno video e peer to peer a trainare il settore: «Dalle statistiche del Mints risulta una tendenza di crescita del 50%. Il driver predominante saranno il P2P e video, che aumenterà molto soprattutto in download. Tra le applicazioni web avranno un buon futuro per servizi come quello di YouTube, Rai, Metacafe, Current Tv. Senza dimenticare iTunes e il traffico generato dalle nuove funzionalità di prodotti come l’Xbox». Mentre Vittorio Pasteris, giornalista tecnologico per il quotidiano La Stampa, crede maggiormente nella crescita del social-networking: «Lo scenario potrebbe essere esponenziale dato che ad oggi i social network e gli user generated content sono espressione ancora di una piccola porzione di utenti della Rete. Se in molti entrano in Rete, le consegenze sono tutte da capire. Un esempio? Anni fa nei miei social network trovavo principalmente i classici early adopter, non necessariamente il mio social network reale; ora invece stanno arrivando gli amici e i conoscenti. In questo senso intravedo due interpretazioni predominanti ed estreme: gli amici e il business, ovvero più o meno quello che rappresentano rispettivamente Facebook e Linkedin».

Tornando al rapporto, in Italia la copertura di reti a banda larga nel 2007 è arrivata alla totalità per le aree urbane (99%) mentre per le aree rurali si è registrata una netta evoluzione delle possibilità di accesso a reti a banda larga di prima generazione, fino a 2 Mb/s (75%).L’Italia rimane comunque in una situazione di Digital Divide Infrastrutturale con 3,4 milioni di persone che non hanno accesso a nessun tipo di connessione a banda larga. Nelle aree con carenza di accesso a banda larga di tipo cablato si registra una crescita degli accessi di tipo wireless, rispetto ai quali il Garante sottolinea le attese per la diffusione degli accessi Wimax, pur affermando che «nell’attuale stadio evolutivo, ai fini del passaggio all’alta e altissima velocità, le altre tecnologie sono integrative e complementari rispetto alla fibra ottica». Proprio il Wimax, dopo la conclusione dell’asta per le licenze, è la speranza per le aree rurali del paese di poter finalmente uscire dalla situazione di digital divide in cui versano. Come sottolinea Longo, le aziende emergenti della scena Wimax hanno i migliori propositi in questo senso, anche se sarà difficile avere un boom per il Wimax: «I piani di Ariadsl, Retelit e Linkem sono ambiziosi. Probabilmente la maggiore concorrenza si verificherà dove c’è già la copertura Adsl. Purtroppo in Italia abbiamo poco spettro nelle frequenze per avere banda a sufficienza per tutti. Nella situazione più ottimistica si potrà creare un interessante mercato, ma di nicchia. Nell’ipotesi peggiore il Wimax avrà mercato ma solo dove non arriva l’ADSL, quindi un mercato piccolo». Anche Pasteris è critico sulle speranze del Garante legate al nuovo protocollo wireless: «Il Garante secondo me vive in un mondo teorico, i grandi operatori hanno snobbato il Wimax e difficilmente potrà avere grossi sviluppi. Nella mia modesta esperienza ho visto buone cose fatte con Wi-Fi e Hyperlan, ma su piccole aree. In effetti mentre nei centri urbani la connettività è ridondante, nelle aree lontane ci sono grosse difficolta a connettersi a banda larga». Per Quintarelli resta indispensabile puntare sul cablaggio in fibra ottica: «Nella relazione annuale il Garante ha detto che ci vuole la fibra per uscire dalla situazione di digital divide infrastrutturale. Il Wimax va bene per dare tanta banda a pochi utenti lontani, ma la vedo dura per il Wimax uscire da una situazione di nicchia. In Italia ci sono circa 2.500 centrali ancora collegate al core network in rame da ricollegare in fibra (backhauling), ma sono aree (cosiddette “a fallimento di mercato”) su cui purtroppo a Telecom Italia non conviene investire. Ora il governo interverrà: in finanziaria sono stati stanziati 800 milioni di euro, con l’obiettivo di rendere l’accesso Adsl ubiquo entro due anni».

La progressiva sostituzione dell’accoppiata rame/Dsl in favore di tecnologie più performanti è applicata dai gestori in maniera differente in funzione dell’area geografica e della densità abitativa. A meno che l’amministrazione pubblica non venga in soccorso. In Giappone, Cina e India, per esempio, si è visto un deciso intervento dello stato, con l’obiettivo di raggiungere una diffusione omogenea sul territorio delle possibilità di accesso a larghissima banda (minimo 100 Mb/s). Negli Stati Uniti la presenza di alcune reti proprietarie di diversi operatori ha indotto l’ente regolatore a non intervenire. Anche se sostanzialmente in alcune aree del paese si è creata una situazione di duopolio. L’innovazione in Europa ha un approccio più prudente e conseguentemente uno sviluppo più lento. In Francia i maggiori operatori stanno investendo nella creazione di reti di nuova generazione nei grandi centri urbani, utilizzando talvolta la rete fognaria o i condotti municipali per la posa dei cavi. Si sta creando una situazione che vede una prospettiva di crescita per le reti di diversi operatori. In Germania le caratteristiche del territorio consentono una buona qualità della rete vDsl e l’operatore monopolista sta investendo in questo senso. A dispetto della cronica necessità di banda, in Italia la tecnologia più diffusa resta di tipo xDsl. La speranza del sistema Italia è quello di uscire da un situazione in cui l’infrastruttura di rete è vecchia e l’operatore dominante ha poca intenzione di investire.

Sia Pasteris che Longo sono critici sulla possibilità di crescita dell’attuale infrastruttura di rete italiana: «Temo che lo scenario futuro cambierà proprio poco: molte parole, ma pochi fatti. Quindi per un paio di anni ancora difficilmente ci sarà l’introduzione delle Ngn», afferma il primo. «Sicuramente saranno fatti investimenti sulle Ngn, ma resta forte il dubbio che questi non saranno comunque sufficienti», dice il secondo, contando poco nelle immediate possibilità di espansione della rete. Da parte sua Quintarelli teme invece la possibile e definitiva manovra di acquisizione di Telecom da parte di Telefonica, che metterebbe in pericolo la crescita della rete: «Strutturalmente la rete nuova la puoi fare solo con una pesantissima e determinante partecipazione di chi è il padrone del 98% dei fili che entrano nelle case e del 100% delle centrali dove finiscono. È necessario che Telecom Italia faccia un passo di apertura, ma i margini decrescenti e il debito da ripagare sono un macigno sulla strada, e non si vede chi possa fare un aumento di capitale. Se poi ci fosse una acquisizione definitiva da parte di Telefonica, a quel punto potremmo scordarci l’evoluzione».

Riguardo alla situazione italiana, l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni aveva promosso una consultazione pubblica, con l’obiettivo di fotografare gli aspetti regolamentari relativi all’assetto della rete di accesso fissa e le prospettive delle reti di nuova generazione a larga banda. Da questa iniziativa, dice il Garante, è emersa una tendenza verso condizioni di maggiore concorrenzialità nel mercato delle telecomunicazioni, tuttavia giudicato ancora insufficiente. Questo a causa della presenza di un operatore dominante e per la mancanza di una infrastruttura di rete alternativa. Al riguardo la maggior parte dei partecipanti ha ritenuto l’implementazione di una separazione funzionale della rete di accesso quale soluzione più efficace. Un punto da sempre sostenuto con convinzione anche da Stefano Quintarelli: «Lo scorporo della rete Telecom è l’unico modo per garantire l’accesso in banda larga anche alle aree marginali del paese». Concorda Vittorio Pasteris: «Lo scorporo della rete serve alle aree rurali se lo sviluppo della rete viene modulato fra aspetti economici e sociali, un po’ come le strade e i trasporti pubblici». Da parte sua, Alessandro Longo confida nell’impegno pubblico per la lotta al digital divide: «La creazione di una azienda finalizzata alla gestione della rete, quindi nell’ipotesi dello scorporo, porterebbe a una maggiore concorrenza e aiuterebbe la diffusione della banda larga anche in aree dove gli operatori non ritengono vantaggioso investire. La lotta al digital divide potrà avvenire con un impegno e investimenti diretti dello Stato nelle aree meno redditizie».

Se al momento la realizzazione di una rete di nuova generazione da parte di Telecom Italia appare poco probabile, diventerà tuttavia una necessità improrogabile entro qualche anno. L’unica Next Generation Network italiana, per ora, è la nuovissima infrastruttura Garr-X, la rete degli enti di rircerca e delle università italiane, nella quale il cavo in rame è definitivamente bandito. In Europa il passo più deciso in questo senso sembra essere stato fatto in Inghilterra dove British Telecom ha affermato di voler cablare in fibra entro il 2012 la totalità delle rete, per poter fornire accesso in larghissima banda a tutti gli utenti finali. In Inghilterra, ricordiamo, la rete è proprietà di BT, ma un’authority molto forte la obbliga a concedere l’accesso equo e consono agli altri operatori. Un destino che dovremmo augurarci anche per l’Italia.

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