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YouTube, la verità, gli elefanti e altra gente che si dà da fare

16 Luglio 2008

YouTube, la verità, gli elefanti e altra gente che si dà da fare

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Il motto "broadcast yourself" è realtà o solo un mito della Rete? Scavando tra i video più popolari del servizio si scopre che i filmati amatoriali sono pochi, mentre dominano le produzioni professionali e ben finanziate. Un po' poco per mandare in pensione tecnici e creativi

Strani tempi sono quelli nei quali una delle pietre miliari della storia è considerato un filmato di cinquanta secondi che rappresenta l’arrivo di un treno alla stazione di La Ciotat, girato nel 1895 dai fratelli Lumiere. Ancora più singolari saranno i tempi nei quali, nell’immaginario collettivo quel treno verrà sostituito da un video di diciotto secondi intitolato Me at the Zoo, girato di fronte alle gabbie degli elefanti dello zoo di San Diego da Yakov Lapitsky e considerato il più antico video postato su YouTube (nel lontano aprile 2005).

Due pietre miliari dell’espressione umana che a stento possono essere considerate delle opere creative, in quanto prive di una qualunque tecnica o premeditazione artistica. La prima, per l’evidente ragione che è una delle prime realizzazioni di un’arte non ancora formalizzata, la seconda perché figlia di una idea di rappresentazione che taglia fuori volontariamente la tecnica e il professionismo sotto l’egida del motto: broadcast yourself (e non sempre lo yourself in questione è Steven Spielberg).

Dando un’occhiata alla hall of fame di YouTube ci si trova di fronte a una vera e propria collezione di prodotti fatti in casa, il cui successo, a volte, è avvolto nel più fitto mistero. In effetti, con ben 91.300.801 visite il video più visto di YouTube è Evolution of Dance, un clip dell’inspirational comedian (così si autodefinisce) Judson Laipply, che danza (in maniera piuttosto energica) alcune delle canzoni più celebri degli ultimi decenni. Niente montaggio, nessun effetto, nessuna di quelle sottigliezze sintattiche e stilistiche che hanno impegnato il fior fiore dei teorici e dei registi del ventesimo secolo sulla settima arte. Addio Ejzeinstein, addio Pudovkin, Hitchcock e Truffaut. Camera fissa, scena illuminata e un tizio che si agita.

E che dire di quel fenomeno un po’ sovrappeso che cantando da seduto la hit romena Dragostea Din Tei si è guadagnato più di 16 milioni di contatti e un cameo in South Park senza dimostrare la benché minima abilità artistica? E di Chris Crocker, superfan di Britney Spears, con il suo più che accorato appello a lasciare la cantante di Kentwood in pace? Anche per lui nessuna tecnica apparente, neppure una scenografia, nascosta da un lenzuolo con il quale il superfan si copre. Infine la giovane Bree (aka Lonelygirl15) che con il suo video diario si è guadagnata milioni di fan e la copertina di Wired. Una galleria corposa di improvvisatori del video, più o meno scaltri, che ogni giorno arricchiscono la corte dei miracoli di YouTube con una presunta spontaneità dell’espressione. E come non poteva fare notizia la furbissima operazione di collage operata da un gruppo pop dei Weezers che nel video della loro canzone Pork and Beans hanno raccolto alcuni dei protagonisti di YouTube come attori.

Recentemente anche Michel Gondry, cineasta francese, dalle radici che affondano nella pubblicità e nel video musicale (celebre la sua collaborazione con la cantante islandese Björk) si è cimentato nell’affrontare il tema del broadcast yourself e lo ha fatto con un film per le sale cinematografiche. Be Kind Rewind (Siate gentili riavvolgete) è la dicitura che veniva apposta sulle cassette VHS da noleggio. Ed è anche il titolo dell’ultimo film di Michel Gondry. È la storia di un piccolo videonoleggio di una anonima cittadina (Passaic) di uno dei più anonimi stati d’America (il New Jersey). Il proprietario, il vecchio Mr.Fletcher, si trova in pessime condizioni economiche e decide di rilanciare il suo business un po’ demodé andando a studiare i nuovi noleggiatori di Dvd stile Blockbuster. Affida dunque a Mike, un giovane volenteroso che ha l’unico difetto di avere come amico Jack un attivista esuberante e pasticcione. Talmente pasticcione che in una delle sue incursioni alla centrale elettrica accusata di essere causa di inquinamento, Jack si magnetizza. Jack magnetizzato cancella tutti i video del videonoleggio. Il povero business di Mr.Fletcher è morto e sepolto.

Ed ecco che a Jack viene in mente la soluzione che solo qualche anno fa non avrebbe potuto neppure essere immaginata nella patria del cinema come prodotto industriale, nel quale la confezione, la tecnica, l’alto standard di trattamento dell’immagine vengono spesso scambiati per valori artistici. Jack inventa il motto «You name it, we shoot it». D’ora in poi, non solo i clienti potranno noleggiare i film, ma ne avranno una versione del tutto personale, girata in casa dagli stessi noleggiatori. Con un po’ di ferramenta di recupero Jack si trasforma in Robocop e grazie a un vecchio vestito a fiori Mike diventa la protagonista di A spasso con Daisy. La tecnica di ripresa è primitiva (i due hanno solo una vecchia telecamera Vhs), la trama sintetica: i film prodotti, o meglio riprodotti, non durano più di una ventina di minuti, E anche gli effetti speciali, realizzati per lo più da cartonati e stagnola non sono il massimo della sofisticatezza. I film hanno successo. Talmente successo che ben presto ci sarà la coda fuori dal negozio. E il passo a che gli stessi clienti entrino a far parte delle produzioni è brevissimo.

Ecco dunque un altro esempio che indica chiaramente come la filosofia del broadcast yourself sia dominante. C’è persino chi si affretta a dichiarare la morte del cinema professionale a favore della sincerità dell’home made. Se lo racconta Gondry in un film… come possiamo negarlo. Basta con la tecnica, basta con la dittatura del professionismo. È sufficiente una telecamera. Lo dicono le televisioni che sempre di più mendicano video realizzati da amatori per riempire i loro palinsesti, lo dicono le grandi produzioni cinematografiche come quella di Gondry appunto o quella di Cloverfiled, un film girato tutto con una piccola telecamera in soggettiva sulla presunta distruzione di New York da parte di uno sfocato Godzilla. Chi ricorda più i tempi di quando Carmen Lasorella del TG2 si scusava con i telespettatori per la scarsa qualità delle immagini? I telegiornali si scusavano se il sevizio conteneva qualche immagine che non fosse stata girata da un operatore professionista, con una telecamera professionale. Ora sembra che YouTube sia diventato una succursale video di Reuters o dell’Ansa. Video verità, video sincerità.

Ma ad osservare con maggiore attenzione il panorama, ci si accorge che il cinema professionale, quello fatto con molti soldi e molta tecnica non sta poi così male. E che non sempre una telecamera a mano e delle immagini di scarsa qualità sono frutto di un autore dilettante, di una sincera ingenuità creativa. A scavare un po’ meglio la Top Chart di YouTube ci si accorge che i filmati veramente home made sono pochi. Tra i video più visti ci sono video musicali che contengono una quantità di espedienti tecnici e hanno budget che il cinema si sogna. Ci sono video virali, dietro ai quali operano fior fiore di creativi intenti a creare, con una tecnica sopraffina, un’idea di video verità. Gli stessi Be Kind Rewind e Cloverfield hanno goduto di budget milionari. E la dolce Bree, la ragazzina che postava su YouTube i suoi pensieri di adolescente, non è che l’attrice Jessica Rose e le sue confessioni una fiction ad opera di Miles Beckett e Mesh Flinders.

In effetti chiunque abbia utilizzato per una qualsiasi iniziativa il cui claim fosse «inviaci il tuo video!» sa bene quanto poco materiale interessante arriva. Poche sono le iniziative in cui i video generati dagli utenti sono di una di qualità utilizzabile. Il tormentone «ItaliaUno!» ne è un esempio, e non a caso è promosso da una rete televisiva, va in onda sulla stessa rete, sono video brevissimi e con un obiettivo ben preciso: dire Italia Uno e basta. Chiedete a un non professionista qualche secondo in più e qualche idea in più ed ecco che vi troverete tra le mani un sacco di materiale inutilizzabile, malamente scopiazzato dalla pubblicità e dai videomusicali.

Cautela, dunque, a mandare in pensione tecnici formati e creativi con una certa esperienza. Non sempre la sincerità ha una bella forma, non sempre è efficace, non sempre comunica quello che deve comunicare. Quasi mai è interessante da guardare. E il successo di YouTube non è tutto nelle mani dei suoi utenti.

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