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Muxtape e l’orgoglio del nastrone

09 Aprile 2008

Muxtape e l’orgoglio del nastrone

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Come un tempo sulla cassetta analogica, così oggi sul web: in molti creano la propria compilation e la mettono in bella vista sul proprio blog, con buona pace del copyright

Da qualche giorno, spuntano da vari angoli del web dichiarazioni d’entusiasmo e di interesse per una nuova piattaforma, Muxtape. In sintesi, si tratta di un sito che permette agli utenti registrati di creare gratuitamente compilation online di brani musicali. Basta scegliere un nickname e caricare una serie di mp3 (fino a un massimo di 12), ed ecco che la sequenza potrà essere ascoltata da tutti, semplicemente digitando l’indirizzo web corrispondente alla playlist.

Tra i blogger è stata subito moda, e questa piattaforma sta passando di bocca in bocca suscitando entusiasmo, anche in chi di solito non si occupa di musica. Sui motivi di questo successo ci sono tante ipotesi: c’è chi parla di effetto nostalgia (Muxtape richiama nella grafica e nel concetto le compilation su audiocassetta ormai sparite), chi di un nuovo modo di raccontarsi in Rete. Infine c’è chi si compiace perché Muxtape esalta quella dedizione e quella passione che ricordano i tempi in cui condividere la propria musica preferita era meno facile.

Mentre leggevo tutte queste opinioni e questi entusiasmi, intervallati da qualche rara critica, cercavo una caratteristica in particolare che differenziasse la moda di Muxtape dalle mille altre piccole manie che circolano in rete. Alla fine penso di averla trovata. Detto sinteticamente: è sfacciatamente illegale. Lo so, sembra una constatazione ingenua, perché quella di cui stiamo parlando non è la prima piattaforma i cui utenti mandano a farsi benedire il diritto d’autore, e non è l’unico fenomeno nel quale è facilissimo assistere a violazioni delle leggi sul copyright. Da Napster a YouTube, questi sono anni in cui ci districhiamo tra mille modi per prendere cose che non dovrebbero essere diffuse e diffonderle (o riceverle) senza farsi troppi problemi. Ma in Muxtape c’è qualcosa in più: la leggerezza e la trasparenza con le quali lo si fa.

Ad esempio, prendete i vari strumenti peer-to-peer. Pur non trattandosi software di per sé illegali, sappiamo tutti che vengono comunemente usati per scambiarsi file coperti da copyright. E infatti gli utenti di solito non vanno in giro a sbandierare questo utilizzo. Al massimo si fanno eleganti e ironiche allusioni. Diverso, ma ugualmente significativo, è l’esempio degli M-blog: molte persone trovano e scambiano file musicali in questo modo, ma lo fanno spostando l’attenzione da se stessi al luogo in cui i file sono ospitati, come a dire: ho messo solo un link, non è detto che sia stato io a cominciare.

Invece, il successo di Muxtape mostra un atteggiamento differente. Ricordiamo che diversamente da altri sistemi di condivisione musicale (come MixWit o Songza) la piattaforma non mette a disposizione nessun file audio, ma invita gli utenti a caricare brani dal proprio Pc, pur specificando che devono essere canzoni per le quali è possibile autorizzare l’utilizzo (ma quali sono?). Un vincolo che non sembra fermare tanti utenti, che riempiono le loro “cassettine” di brani di ogni tipo, dal jazz al pop, dalla rock band più famosa al più sconosciuto artista indie.

Gli stessi utenti poi, spinti anche dal fatto che Muxtape non ha particolari forme di community né un sistema per ricercare tra i “nastroni”, appena realizzata la loro compilation corrono a pubblicizzarla sul proprio sito/blog. E qui c’è il vero salto di qualità: se nell’utilizzare altre piattaforme che implicano la violazione del copyright si hanno atteggiamenti più privati o prese di posizione più ambigue,con Muxtape non solo lo si fa, ma lo si dice, e in pubblico.

Basta fare un giro per la blogosfera italiana per trovare parecchi di blogger che linkano la propria playlist su Muxtape, e nel farlo è come se scrivessero “ehi, guardate: ho preso delle canzoni dal mio hard disk e le ho messe online, che io le abbia pagate o scaricate non importa, ho violato la regola che mi impone di utilizzarle solo per me stesso, senza diffonderle. E non mi sento colpevole, perché tutto questo lo faccio per farle sentire ai miei amici e a chi passa di qua!”

In pochi giorni sono già tanti, e spesso ci mettono nome e cognome, o identità digitali ben definite. Non hanno vergogna di dire: io con i miei mp3 faccio quello che mi pare, e lo dicono ad alta voce sui loro blog, come gli studenti che salgono in piedi sulle sedie nel film L’attimo fuggente.

Sull’interpretazione da dare di questo atteggiamento non è che ci siano molte alternative: o è una clamorosa e generalizzata ingenuità, o è una delle testimonianze più semplici e forti di come gli ascoltatori di musica attivi oggi nel web intendano il loro rapporto con le canzoni e sulle possibilità di diffonderle e condividerle. Esattamente come lo intendevano 20 anni fa, quando si registravano le compilation su cassetta per regalarle o per ascoltarle in macchina con gli amici, ma in maniera molto più evidente e, verrebbe voglia di dire, “alla luce del web”. Forse qualcuno dovrebbe prenderne atto.

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