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«Perché è necessario capire il web»

01 Ottobre 2007

«Perché è necessario capire il web»

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La nascita della ragnatela dei contenuti, il web 2.0, Wikipedia, la collaborazione globale, i blog, la net neutrality, le libertà digitali e il futuro dell'interazione in Rete nelle parole di Robert Cailliau, inventore del World Wide Web insieme a Berners-Lee

Robert Cailliau, 60 anni, è insieme a Tim Berners-Lee l’inventore del World Wide Web. È una persona affabile e molto simpatica, sempre disponibile al dialogo e al confronto. Forse proprio il suo carattere gli ha permesso di immaginare un web che fosse, prima di tutto, una potente applicazione sociale. E non manca di ribadirlo, nel corso della conferenza di presentazione del Festival della Scienza tenutasi lo scorso 27 settembre al Cern di Ginevra, durante la quale ripercorre la storia di un’invenzione che sta avendo un enorme impatto sulla nostra società.

«Quando abbiamo iniziato a sviluppare il web esistevano già numerose applicazioni: la posta elettronica, il trasferimento di file, le chat erano lì. Ma non esisteva ancora una biblioteca: per trovare un documento era necessario trovare la persona che lo possedeva. Il web nasce proprio da questa esigenza di condivisione.»

La condivisione è il punto focale; Cailliau puntualizza come il termine web 2.0 abbia per lui poco significato: «Il web 2.0 non è una tecnologia, ma l’uso sociale del web. Un uso che era previsto fin dalla sua prima incarnazione.» Anzi, arriva a stupire la platea quando lancia un’originale critica a Wikipedia, considerata da molti uno dei pilastri del nuovo web:

«Wikipedia è esattamente agli antipodi rispetto a quello che noi intendevamo quando abbiamo creato il web. Non ha senso tentare di accentrare la conoscenza all’interno di un unico sito: la forza del web sta proprio nel diffondere le informazioni ovunque e di collegarle attraverso l’ipertesto. In questo senso tutto il web è già una gigantesca Wikipedia.»

Continuando nel discorso, Cailliau puntualizza come invece i blog siano un’ottima espressione della prima idea di web: «Grazie alle potenzialità del sistema operativo che utilizzavamo, una workstation NeXT, non dovevamo preoccuparci della gestione del testo o della grafica, dal momento che erano gestite nativamente. Quindi abbiamo iniziato a scrivere e modificare ipertesti. Era come scrivere un blog, anche se il termine ancora non esisteva. In effetti non è mai esistita una prima pagina web. Creavamo documenti in modo molto veloce e dinamico.» E ancora: «i blog oggi sono una delle migliori espressioni del web, ma c’è bisogno di tempo perché maturino. Il problema è che siamo ancora presi dall’entusiasmo per il mezzo, e finiamo per scrivere troppo. A volte un approccio più ragionato sarebbe utile per migliorare la qualità globale dei contenuti sul web. Ma d’altra parte è così anche nella vita di tutti i giorni.»

È stato il mondo accademico il primo a comprendere le potenzialità dell’invenzione. Le aziende erano invece poco interessate al web, che trovavano irrilevante e scarsamente applicabile. Non c’è da stupirsi, in effetti, se si guarda allo stato del World Wide Web oggi, ancora troppo spesso demonizzato e mal compreso. Una delle fortune del web è stata proprio questa: l’interesse della comunità scientifica ha fatto sì che più che una tecnologia si sviluppasse uno standard aperto, che tutti potessero modificare e arricchire. Proprio l’apertura della Rete è il motore che permette di creare innovazione.

Sull’annoso problema della net neutrality, Cailliau si dimostra pessimista: «è strano quello che la gente è pronta ad accettare. Pensiamo ai cellulari. Tutti i cellulari in commercio sono apparecchi chiusi, nei quali ora la casa produttrice, ora i provider telefonici impongono blocchi e limitazioni. Eppure le persone accettano questi limiti senza porsi troppe domande. Quello che mi spaventa è come le giovani generazioni, che dovrebbero comprendere meglio di noi queste tecnologie, non si preoccupino in alcun modo dei pericoli di questo accentramento di poteri. Perché la Rete sia libera è necessario mantenere separato il contenuto dall’infrastruttura: da una parte chi gestisce i cavi e i sistemi di collegamento, dall’altra chi produce e diffonde i contenuti. Unire questi due poteri significa tornare a prima del 1990, ai tempi del Minitel e di Compuserve, quando ogni apparato era strettamente collegato ai servizi che erogava. Questo è il comportamento delle compagnie telefoniche oggi, e io credo che sia semplicemente malvagio. Probabilmente quella per la neutralità della Rete è la vera grande battaglia che dovremo combattere nei prossimi anni.»

Come prepararsi quindi ad affrontare questa battaglia per la libertà di espressione? Cailliau ritorna almeno un po’ ottimista. «Non credo che siamo ancora al punto di dover fronteggiare un vero e proprio attacco. È però vero che serve attenzione. Sarebbe bello se ognuno ospitasse i suoi dati nel suo server. E soprattutto, come ho già detto, i giovani dovrebbero essere più consapevoli di quello che fanno in Rete. In quanti si pongono il problema di dove, fisicamente, sono archiviati i dati personali? Serve una maggiore conoscenza non solo della superficie, ma anche delle parti più nascoste del web.»

E per quanto riguarda Google e gli altri grandi player del mercato del Web? Non c’è il rischio che, acquistando qualsiasi soluzione innovativa si presenti sul mercato, il potere dell’informazione più che liberarsi si concentri nelle mani di pochi? Secondo Cailliau ci sarà sempre chi rifiuterà di farsi comprare: in Rete c’è spazio per tutti e, rimanendo inalterate le condizioni di neutralità, è difficile che l’ambiente si cristallizzi e diventi statico. L’importante è la consapevolezza, esattamente come nel mondo reale.

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