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Il web 2.0 in Italia

16 Gennaio 2007

Il web 2.0 in Italia

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Indagine di Apogeonline nel mondo degli sviluppatori italiani del web di nuova generazione: chi sono, che cosa fanno, quali problemi incontrano, dove contano di trovare i soldi per finanziare le proprie idee, quali prospettive hanno di fronte a sé. Una premessa, prima di iniziare a far parlare i protagonisti

Esiste veramente il web 2.0? Sembra essere questa la domanda che fino a non molti mesi fa, buona parte degli stessi addetti ai lavori si faceva in Italia. Ancora oggi molti di noi passano il tempo a definire questo fantomatico prossimo web, sviscerandone i principi, le differenze, i modelli. Sarà un nuovo web tecnologico, un nuovo web sociale o semplicemente la prossima bolla speculativa pronta ad esplodere? E ancora: quali saranno gli impatti di lungo termine sulle aziende e si riuscirà a farci dei soldi?

L’Italia è certamente una nazione dalle forti contraddizioni, dove chiunque possiede almeno un telefono cellulare e un televisore a schermo piatto, ma dove trovare una connessione web ad alta velocità diventa spesso un’odissea (senza parlare poi del costo e della qualità che si scoprono solo dopo averla provata). Internet è allora percepita da molti ancora come un’entità astratta, lontana e carica di mistero. Quasi una dimensione altra rispetto alla propria esperienza quotidiana.

Non si fa in tempo ad abituarsi al web “normale” che già le carte in tavola cambiano perché questo web che tutti conosciamo, fatto di utenti solitari da una parte del filo e di siti dall’altra, appartiene sempre più al passato e cede il passo ad applicazioni diverse, non solo nell’aspetto, ma specialmente nei principi ispiratori. Applicazioni in cui il valore non è più rappresentato dal contenuto delle pagine Html, ma al contrario dall’abilità di attrarre e far incontrare masse di utenti, permettendo loro di interagire dinamicamente all’interno di un’esperienza comunicativa bidirezionale, globale e istantanea. Un web sociale e democratico, che non solo azzera le barriere tecnologico/economiche di creazione dei contenuti ma rovescia anche i modelli tradizionali di distribuzione e accesso all’informazione.

Senza fare rumore questo nuovo web, il web 2.0 appunto, sta in realtà entrando nelle vita di moltissimi italiani, segnandone le abitudini, così come il modo di cercare, consumare e specialmente condividere informazione online. Non è forse un caso che trovi spesso mio padre di fronte al monitor, con le cuffie in testa e gli occhi rapiti per ore dai video di YouTube. Tutto questo senza aver mai sentito nominare il termine web 2.0, come ad indicare che il nome conta decisamente meno del livello di adozione di una tecnologia da parte degli utenti.

Il grande effetto portato dal web 2.0 in casa nostra potrebbe però essere anche un altro. Per la prima volta, seppure con le differenze del caso, l’Italia non si limita a ricevere passivamente l’eco delle onde elettromagnetiche provenienti dal nuovo continente. Al contrario gli influssi del web 2.0 sembrano aver prodotto, anche da noi e quasi in contemporanea, un nuovo slancio, una rinnovata voglia di fare e mettersi in gioco per singoli ed imprese. Nonostante la mancanza di un substrato economico capace di finanziare e far crescere iniziative visionarie e in uno stato ancora embrionale, pur di fronte all’insufficienza di infrastrutture informatiche e di fluidità nel mercato del lavoro, anche l’Italia sta tentando di apportare il proprio contributo in questo pullulare di idee e progetti che già rivoluzionano la vita di milioni di persone in tutto il mondo.

Sull’onda degli influssi d’oltreoceano, nascono anche qui nuove conferenze (come il Duepuntozero ed il D-Day) e unconferenze (conferenze non organizzate formalmente come il modello Barcamp presentato a Torino, Milano e Roma). Si formano gruppi di sviluppatori d’eccellenza come Nimboo e TheRubyMine ed iniziano finalmente ad affacciarsi finanziamenti dalla comunità europea per idee web 2.0 portate avanti dalle università (come per TAGora promosso dalla Facoltà di Fisica dell’Università la Sapienza di Roma). Questa rete di discussione, confronto ed innovazione è ancora più evidente online, dove blogger, consulenti, giornalisti e semplici appassionati si contattano, si conoscono e scambiano opinioni in modo distribuito e asincrono, alimentando il tam tam mediatico sul fenomeno che ha ormai conquistato le pagine di quotidiani come Il Sole24Ore col suo inserto Nova24.

E per quanto riguarda i progetti reali? Pur non disponendo della massa sociale presente negli Stati Uniti, né di finanziamenti da milioni di dollari, esistono in realtà anche i progetti e il loro numero sta crescendo rapidamente. Scoprirli è però un pochino più difficile. Da chi è fatto allora il web 2.0 nostrano? Si tratta spesso di gruppi di esperti che rimanendo nell’ombra si ritrovano online dopo giornate di lavoro “tradizionale” disegnando quella che sperano essere la prossima killer application, l’esperimento che cambierà loro vita professionale e magari anche entità del conto in banca.

Il web 2.0 italiano è così popolato da figure professionali quanto mai variegate: ingegneri, programmatori e web designer, ma anche ricercatori, filosofi, economisti e giornalisti, ognuno con un diverso bagaglio di esperienza che risulta assolutamente necessaria quando si ha a che fare con problemi non solo tecnici, ma anche sociali, motivazionali, psicologici ed economici. In uno sforzo di immaginazione e voglia di ingegnarsi tutti italiani, queste iniziative tentano di fondere insieme i più famosi esempi americani con le necessità e le peculiarità tipiche della cultura italiana: il cibo, l’arte, la voglia di risparmiare, la ricerca di una casa e così via.

Ci si può chiedere allora perché questi progetti non abbiano ancora trovato soldi e fama. Benché, le idee proposte siano spesso originali ed a volte anche ricche di spunti di business, trovare spazio per emergere o semplicemente farsi vedere qui da noi non è in realtà cosa facile. Per questo, molti degli attori del Web 2.0 italiano percepiscono un forte bisogno di occasioni di incontro mirato e di aggregazione. Incontro che a volte diventa fattiva collaborazione, scambio di esperienze, idee ma anche di tempo e braccia (o meglio menti) tra gruppi diversi, nella convinzione un simile approccio comunitario possa alleviare alcune difficoltà tipiche del mercato italiano come il costo della mano d’opera, la disponibilità di capitali e la dispersione geografica. Insomma l’unione potrebbe fare la forza, specialmente in una fase in cui l’obiettivo principale è ancora aprire un mercato e mostrarne le potenzialità. Incontrarsi permette allora di far tesoro delle esperienze altrui, di stabilire preziosi contatti con soci e finanziatori o semplicemente di farsi forza di fronte agli ostacoli.

Nasce anche da questo bisogno di contatto, discussione e visibilità una serie di interviste ad alcune delle iniziative più significative del panorama web 2.0 italiano, con la speranza di far emergere questo patrimonio sommerso, portandolo all’attenzione di un pubblico più ampio; quel pubblico che all’interno di uno spazio sociale spesso decreta il successo o il fallimento di un’iniziativa. Nelle prossime settimane, su Apogeonline, parleremo con i responsabili di siti di editoria sociale e piattaforme di social bookmarking, sistemi di aggregazione e comunità di sviluppatori, nella convinzione che questi pionieri possano indicare la via ad altrettante iniziative coraggiose e con la voglia di risvegliare il panorama italiano da un torpore durato troppo a lungo.

In questo viaggio non ci limiteremo a mostrare le idee più interessanti, creative e promettenti. Il nostro obiettivo sarà invece anche quello di presentare qualcosa di più sulle facce, sulle difficoltà, sulle aspirazioni e sui piccoli segreti delle persone che stanno alimentando questo cambiamento. Ci piacerebbe che questa serie di articoli potesse fare da stimolo e portafortuna a tutti i giovani con la voglia e le competenze per di dire la propria sul web italiano.

Ospiti nella prima puntata saranno i ragazzi di 2Spaghi. Insieme a loro scopriremo come il web 2.0 possa essere portato in Italia con simpatia, originalità e una idea chiara di business. Il tutto, ovviamente, di fronte ad un buon piatto di pasta.

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