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Un sasso nello stagno (forse due)

11 Gennaio 2007

Un sasso nello stagno (forse due)

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L'iPhone di Apple e l'impatto sul modo di usare la tecnologia. Il balzo in avanti nel mondo delle interfacce uomo-macchina, pur con qualche dubbio sull'accessibilità. E la difficoltà di classificare il nuovo telefono in un segmento commerciale standard, soprattutto in Europa

Con la presentazione di iPhone, Apple ha lanciato un sasso nello stagno, anzi due. Due sassi in due stagni differenti, ma che non mancheranno di essere influenzati entrambi dal roboante annuncio del Ceo-sacerdote Steve Jobs. Delle caratteristiche tecniche, dei pregi e dei difetti, come l’impossibilità di installare applicazioni, la batteria non intercambiabile e la mancanza di Umts si è già ampiamente discusso. Di contro, pochi sono stati i commenti volti a interpretare il significato di una mossa del genere e l’eco che avrà sul modo di usare la tecnologia.

Il primo sasso è gettato in uno stagno immobile più o meno da quel 1984 segnato da uno spot di Ridley Scott durante il Superbowl. Si tratta del mondo delle interfacce, che, nonostante piccole innovazioni, rimane legato alle icone, alle finestre e soprattutto al classico sistema di puntamento via mouse. Lo schermo multitouch proposto da Apple è una prima idea di che cosa potrà succedere negli anni a venire nel mondo dell’interazione uomo-macchina. Certo, icone e finestre per il momento non spariscono, ma per la prima volta cadono, e in modo piuttosto convincente a giudicare dai filmati di presentazione, le barriere tra quello che si può vedere sullo schermo e l’interazione. La differenza rispetto ai classici touchscreen sta nella possibilità di utilizzare le dita per manipolare oggetti sullo schermo, per trascinarli, ingrandirli, rimpicciolirli, come ben illustra questo video dimostrativo. Non più un’interfaccia fisica (Estragon la chiama protesi), ma un’interazione diretta.

Rimangono alcuni dubbi: come faranno i non vedenti e gli ipovedenti a confrontarsi con un device che non offre alcuna sensazione tattile? Il futuro delle interfacce dovrà tenere conto anche di questi problemi, e offrire soluzioni di accessibilità adeguate, come ad esempio un feedback sonoro e tattile, magari localizzato. Non solo: è importante osservare come il telefono cellulare non sia utilizzato allo stesso modo in tutto il mondo. Per esempio in Italia, al contrario degli States, gli Sms sono la vera applicazione killer. La comodità e l’usabilità della tastiera virtuale, trascurabile per un americano, possono diventare fondamentali per un italiano.

La scelta di un sistema di controllo simile appare un ideale proseguimento del lavoro fatto da Apple su iPod: lo sfioramento, il tocco leggero prendono il posto della semplice pressione, assicurando un rapporto con l’oggetto più emozionale, più diretto. E un’interfaccia gradevole alla vista fa il resto. Si vede che Donald Norman, guru dell’interazione e del design (autore, tra l’altro di Emotional Design, testo che tratta proprio del rapporto emotivo con gli oggetti), ha passato molto tempo a Cupertino. Qui sta la vera innovazione di Apple, e da qui parte il secondo sasso nel secondo stagno.

Si tratta del mondo dei telefoni cellulari, in realtà piuttosto dinamico, ma legato a concetti di segmentazione molto rigidi. Da una parte stanno i cellulari per l’utenza business, dall’altra quelli per un’utenza consumer. Le funzioni di un segmento non corrispondono a quelle dell’altro. Per esempio, raramente i telefonini business-oriented hanno una macchina fotografica integrata, e allo stesso modo è molto raro che un cellulare consumer possa connettersi alla Rete attraverso il WiFi. Il mercato, così, ristagna (soprattutto nel nostro paese) in una serie di contratti telefonici che impongono cifre altissime di connessione, lasciando fuori una parte di comunità potenzialmente interessata alla connettività a basso costo.

La proposta di Apple non sembra indirizzata solo all’utenza business. Il design ricercato, l’interfaccia grafica pulita e appagante, le funzionalità multimediali lo posizionano piuttosto in una fascia trasversale, composta da tutte quelle persone che seguono il cosiddetto digital lifestyle. L’arrivo di nuovi utenti che richiedono connettività Internet (sia essa WiFi o mobile a basso costo) potrà far smuovere mastodonti come le pubbliche amministrazioni e i grandi provider di telefonia mobile? La risposta per Apple deve essere necessariamente positiva; in caso contrario iPhone rimarrà, nella vecchia Europa, poco più che un costoso gingillo per ascoltare musica e telefonare. L’approccio al pubblico è molto diverso da quello adottato da più o meno tutti i produttori: invece che concentrarsi sulle funzioni, Apple ha provato a immaginare come sarebbe un device mobile utilizzato dalle smart mobs in quel mondo sempre connesso che Howard Rheingold ha descritto nel suo famoso saggio. È in questo particolare che sta il significato dell’immodesta frase di Jobs («questo telefono è avanti di 5 anni rispetto alla concorrenza»), ed è in questo particolare che risiede la scommessa della casa di Cupertino.

Resta da vedere se il ripple effect generato da un lancio così coraggioso sarà abbastanza dirompente da scuotere il mercato, e soprattutto se con le sue scelte Apple sarà in grado di affascinare davvero un’utenza variegata e culturalmente determinata come quella della telefonia mobile, anche con la proposta di un device se possibile più chiuso e meno personalizzabile dei diretti concorrenti. La vecchia Europa ha un anno per pensarci su.

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