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A che punto è il WiMax?

30 Novembre 2006

A che punto è il WiMax?

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Lo standard wireless che permetterebbe di connettere a banda larga intere aree metropolitane e di superare il digital divide nelle aree non raggiunte da Adsl continua a ritardare. Problemi di disponibilità delle frequenze, e non solo

Il wireless che non si deve fare. Potrebbe essere questo il titolo di un tecnoromanzo ambientato ai giorni nostri; il protagonista sarebbe il WiMax. La tecnologia wireless WiMax è da anni la scommessa del futuro: Internet senza fili in un’intera area metropolitana con banda a volontà. Peccato che ancora non sia ancora operativo con successo. Meno che mai qui in Italia.

L’attuale standard WiMax (Worldwide Interoperability for Microwave Access, Ieee 802.16) è stato approvato nel 2004. Una singola antenna consentirà di coprire un area di 50 chilometri, con banda fino a 74 Mbit/s. Questa banda è sufficente per coprire aree popolate da migliaia di persone oppure aree industriali con accessi di tipo T1 per qualche decina di aziende. Purtroppo questi dati sono ipotetici, in quanto le sperimentazioni sono ancora in corso, soprattutto in Italia dove le conformazione del territorio è particolare. È possibile che l’impossibilità di avere vista libera tra l’antenna e l’utente crei problemi di connettività non ancora documentati. Nel nostro Paese la sperimentazione prevede una prima fase in cui il WiMax sarà utilizzato per connessioni punto-punto come mezzo alternativo ai cavi di rame o di fibra. Problemi burocratici e di normativa stanno però rallentando l’attuazione delle sperimentazioni. Anche per quanto riguarda la salute pubblica non esistono studi concreti sull’esposizione continua di interi quartieri a segnali radio abbastanza elevati. Stiamo parlando di frequenze del segnale che variano dai 6 agli 11 Ghz.

Al Wimax Forum partecipano i più importanti produttori e system integrator internazionali, capitanati da Alcatel e Intel. Unica nota stonata è stato il ritiro di Nokia dal consorzio. L’azienda finlandese non ha ritenuto opportuno continuare a investire in uno standard considerato, da molti analisti, immaturo per il mercato di massa. Il WiMax comunque potrebbe diventare un ottima alternativa alle linee Adsl economiche, vista la possibilità di evitare il cablaggio del fatidico ultimo miglio. La possibilità di veicolare contenuti multimediali potrebbe addirittura porre il WiMax come alternativa la segnale Umts: VoIP e altri servizi utili sarebbero maggiormente accessibiliti e con offerta più ampia. Purtroppo rispetto al segnale Umts il WimAx è limitato per quanto riguarda il passaggio dell’utente tra antenne; soprattutto potrebbe non funzionare correttamente a velocità superiori ai 120 km/h per i veicoli in movimento. Inoltre l’affermazione del WiMax potrebbe fornire la spinta necessaria a un altro standard che rappresenta una vecchia incognita: l’Ip-Tv. Il consorzio Dvb ancora stenta a definire il termine Ip-Tv, e forse qualche investimento in questo senso avrebbe avuto ritorno maggiore del digitale terrestre. In fondo si dice da anni che Internet cambierà il futuro della televisione.

In Italia la mancata liberazione delle licenze sta frenando i test e la diffusione del WiMax. Guardando i numeri si intuisce il grande ritardo accumulato: in Europa, Inghilterra e Germania le licenze sono già state assegnate agli operatori (frequenze concesse dai 3.4 ai 3.6 GHz), passando alla fase finale dei test e della messa in servizio di questa tecnologia. Persino un Paese con minore informatizzazione come laGrecia ci ha superato: è arrivata recentemente la notizia di una joint-venture tra la canadese Nortel e la greca Unisystems, che daranno vita a una nuova realtà denominata Uninortel. Fornirà connettività basata sul WiMax nella città di Atene e nelle isole dell’Egeo, affiancando a questa un offerta Ip-Tv – il tutto sulla frequenza dei 3.5 Ghz.

In Italia il problema è più complesso, in quanto le frequenze su cui andrebbe a operare il WiMax sono di proprietà del ministero della Difesa e destinate a un uso militare. La precedente legislatura aveva annunciato a più riprese il rilascio di queste frequenze, senza arrivare a nessun risultato. Di recente il ministero ha richiesto un compenso di 400 milioni di euro per la cessione dello spazio radio al ministero delle comunicazioni, a titolo di risarcimento i costi di spostamento della propria operatività su altre frequenze. La richiesta appare abbastanza tutto sommato fuori luogo: va ricordato che l’asta per le frequenze più ricca in Europa è stata quella francese, chiusa con un introito di 125 milioni di euro. In attesa di ulteriori chiarimenti il Consiglio dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ha avviato una consultazione pubblica in merito all’introduzione in Italia della tecnologia WiMax sulla banda dei 3.5 Ghz. La consultazione consentirebbe di raccogliere elementi utili a definire un quadro regolamentare che consenta l’avvio del WiMax. Nel frattempo il WiMax continua a essere una chimera.

Questo standard ha sempre fatto parlare di sé. Grandi possibilità ancora da sfruttare, banda larga per tutti su tutto il territorio. Il WiMax è una di quelle poche realtà che consentirebbero di controllare il monopolio di Telecom Italia nelle settore. Stesso obiettivo della discussa proposta di acquisizione della rete fisica Telecom da parte del governo tramite la Cassa Depositi e Prestiti. Una grossa opportunità per creare una situazione di vera liberalizzazione del mercato e sopratutto abbattere il digital-divide, portando Internet a banda larga in ogni angolo del paese (paesi montani e piccole isole compresi). Il problema continua a essere di volontà, soprattutto a livello politico. I provider hanno paura di non avere accesso e possibilità pari alle aziende maggiori. La paura è che il Wimax faccia la stessa fine del Wireless Local Loop. Il Wll è una tecnologia wireless che opera su frequenze tra i 24,5 e i 26,5 Ghz, le cui potenzialità sono le stesse del WiMax. Peccato che nessuno ne abbia sentito parlare abbastanza. In Italia l’asta si è svolta nel 2003 e ha visto prevalere Telecom Italia. Il WLL è utilizzato per scambio dati tra apparati di rete. In pratica, uno standard a ampia veduta è stato relegato alla sola applicazione di trasporto dati nall’interno delle reti degli operatori. E mentre Samsung lancia in Italia l’SPH-P9000, primo cellulare capace di connettersi a Internet tramite la rete WiMax, la banda larga copre appena l’87% della popolazione, ben sotto la media europea.

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