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L’occhio della Rete sulle elezioni Usa

08 Novembre 2006

L’occhio della Rete sulle elezioni Usa

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A seggi appena chiusi, una panoramica su osservatori, discussioni e altre iniziative online tese ad ampliare informazione e partecipazione

Qui negli Stati Uniti sono stati appena chiusi i seggi per le elezioni di metà legislatura. In ballo ci sono 33 seggi al Senato e l’intera Camera (435 seggi), oltre a 36 governatori e varie cariche statali nonché una marea di questioni e referendum locali. Si gioca sul filo del rasoio per la nuova maggioranza al Congresso, dal 1994 a favore dei repubblicani per un pugno di seggi—con in primo piano, ovviamente, le ricadute della guerra in Iraq. Una giornata assai calda, come il clima degli ultimi giorni, talvolta anzi arroventato. E che vale la pena di ripercorrere brevemente con un occhio alla Rete, mentre dalla East Coast arrivano già i primi dati dello spoglio, vista la differenza dei tre fusi orari lungo il territorio nazionale.

Viene intanto confermato che l’attenzione va spostandosi sempre più su Internet e l’uso dei new media – un poll di Associated Press/America Online alla vigilia segnalava che il 43% dei votanti seguiva gli aggiornamenti principalmente online. Ciò comporta una serie di nuove di opportunità ma anche di pericoli per i vari candidati, vedi le impietose e comiche clip che hanno colpito tra gli altri i parlamentari repubblicani George Allen e Michele Bachmann. Con la satira politica che viene estesa finanche ai due personaggi che fanno le parti del Mac contro il Pc in popolari inserzioni Tv. Inoltre, a una decina di giorni dal voto, è stata la testata online CNET a rivelare come parecchi siti personali dei candidati fossero ancora under construction, vuoti di contenuti, o letteralmente messi su in quattro e quattr’otto da uno studente delle medie (è il caso del presidente della Camera, il repubblicano Dennis Hastert). Invece i siti delle campagne più danarose hanno preferito riprendere la cattiva abitudine di analoghe campagne Tv, con i soliti slogan accusatori e gli spot negativi contro gli avversari.

Eppure, ancora una volta è stato assai trascurato lo strumento cruciale della Rete, l’interazione: assenti gli spazi per confronti diretti tra elettori e candidati, per lo scambio di opinioni. Si fa lontano il ricordo di Howard Dean, quando nella corsa alla candidatura democratica, estate 2004, riuscì a trasformare l’aggregazione online di forum, blog e meet-up in mobilitazione reale. Oltre 50 milioni di dollari raccolti in pochi mesi, per lo più tramite donazioni al di sotto dei 100 dollari via web, e un esercito di 650.000 attivisti nelle strade. Stavolta si è preferito invece puntare, nei partiti tradizionali, su iniziative atte a rubare attenzione ai cyber-utenti, già sovraccarichi di informazioni. Come il caso-limite del “Google bombing” lanciato da 50 deputati repubblicani uscenti. Inondando il web con riferimenti a testi in cui compaiono i loro nomi e con il cross-posting ad analoghi articoli, si manipolano gli algoritimi del page-ranking del popolare motore di ricerca – imitando così le peggiori tecniche degli spammer e facendo comparire quei candidati ai primi posti delle ricerche.

Decisamente più importante la presenza di attivisti e progetti annessi. Brevi video di ogni tipo e fattura la fanno da padroni su YouTube, mirando soprattutto al passa-parola per invitare a recarsi ai seggi o alla satira veloce. Anche Rock the Vote, che alle presidenziali 2004 aveva fatto registrare quasi un milione e mezzo di giovani, stavolta spalanca le porte al video-sharing: «Perché vai a votare? Esprimi il tuo pensiero». Il sito si è presto riempito di filmati autoprodotti compresi tra i 10 secondi e i 2 minuti, alcuni assai interessanti oltre che ben fatti. Analoga l’idea di Video the Vote per «osservare il voto e condividerne i risultati», le cui mini-riprese dai vari seggi vengono rimbalzate su YouTube, incluse non poche decisamente estemporanee. Mentre il Center for citizen media diffonde a ritmo battente tutta una serie di interventi, riflessioni e tools ad hoc, incluso il citizen tool kit, contenente info legali e procedurali sia per esprimere correttamente il voto al seggio elettorale sia per quanti si apprestano a coprirne l’andamento a livello locale, nella blogosfera e su altri media.

Ancora, gli ideatori del Polling Place Photo Project hanno invitato a «fotografare il tuo seggio elettorale, documentare la democrazia». Secondo Jay Rosen, docente di giornalismo alla New York University, si tratta di uno stimolante esercizio di ergonomia politica: «Chiunque può partecipare: senza violare la legge, si scattano delle foto quando si va a votare e si caricano sul sito… si tratta di fotografare gli americani mentre esercitano la propria sovranità». William Drenttel, designer e primo motore del progetto, spiega che l’idea finale è quella dicostruire «un archivio di fotografie che catturino la ricchezza e la complessità del voto in America». Compresi purtroppo brogli passati e presenti, tant’è che alla vigilia di queste elezioni sono stati lanciati due documentari indipendenti che illustrano in dettaglio le plateali irregolarità delle presidenziali 2000 e 2004: Stealing America: Vote by Vote e American Blackout, del Guerrilla News Network, con immancabile rilancio online.

Oltre all’invito a seguire le elezioni via Google Earth, dagli studenti del Center for Internet and Society della Stanford University Law School è partito l’appello a discutere su una serie di domande su specifici aspetti legali e specialistici, onde compilare una sorta di Faq a uso di chi indosserà gli abiti del citizen journalist. Lo stesso Center ha poi ospitato la presentazione di Placeblogger.com, nuovo aggregatore ragionato la cui fase alpha sta per partire proprio sull’abbrivio dei risultati elettorali. E per l’intera giornata Protect Our Votes è stata una delle situazioni che ha monitorato una serie di “atrocità” sul campo, dalle lunghe file alle macchine difettose agli elettori respinti per impicci burocratrici (è capitato perfino al Governatore repubblicano della South Carolina, Mark Sanford).

Una girandola di iniziative ben piantate sul territorio ma centrate online, a cui basta affiancare qualche ricerca su Technorati per scovare altri fatti importanti, dalle schede errate consegnate in Florida al documentario sulle macchine elettroniche che, dietro le pressioni del produttore Diebold, è stato cancellato dal palinsesto del canale via cavo HBO. Notizie che i media tradizionali si guardano bene dal seguire, con le stazioni radio-tv che in queste stesse ore non fanno altro che ripetersi all’infinito o intervistare i soliti esperti di turno. E man mano che si va nella notte, e arrivano i dati finali, c’è da scommettere che sarà comunque il pianeta online, i blog in primo luogo, a tenere alto il livello di conversazione e confronto (inclusa una fisiologica dose di rumore).

L'autore

  • Bernardo Parrella
    Bernardo Parrella è un giornalista freelance, traduttore e attivista su temi legati a media e culture digitali. Collabora dagli Stati Uniti con varie testate, tra cui Wired e La Stampa online.

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