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Nasce New Assignment, terza via al giornalismo

29 Agosto 2006

Nasce New Assignment, terza via al giornalismo

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Giornalisti e cittadini riusciranno mai a lavorare insieme? È possibile andare oltre la contrapposizione tra giornalismo professionale e grassroot journalism? Jay Rosen, guru americano dell'informazione open source, pensa di sì

Anche nella nuova Internet ci sono idee e idee. Quelle più radicali e rivoluzionarie spesso contribuiscono a diffondere la convinzione che si possa rimpiazzare tutto un sistema di pratiche consolidate nel tempo e dar vita di colpo a nuovi scenari organizzativi online. Gran parte di queste idee vanno facilmente incontro a forti resistenze e conflitti, come ben dimostra tutto il dibattito ancora in corso intorno al citizen journalism (e ad alcuni suoi clamorosi fallimenti).

E poi ci sono idee, non meno radicali e non meno rivoluzionarie, capaci di trovare una giusta sintesi tra dinamiche tradizionali e processi emergenti: guardano al futuro e spesso lo anticipano, senza per questo insinuare che tutto possa essere interscambiabile. New Assignment.net, l’ultima iniziativa di Jay Rosen, docente alla New York University e uno dei maggiori esperti di informazione online, sicuramente appartiene a questo secondo ordine di idee. Forte della consapevolezza che «i miei lettori ne sanno più di me», Rosen propone un modello in grado di superare agilmente l’ormai paludata – e fonte di reciproci pregiudizi – contrapposizione tra giornalismo professionale e quello grassroot. «Come possiamo tenere insieme idee come la conoscenza distribuita, i network sociali, l’editing collaborativo, l’intelligenza collettiva, il citizen journalism, la distribuzione decentralizzata delle notizie, il we media, e trasformali in una reale pratica investigativa?», si chiede l’autore di Press Think.

La risposta è New Assignment, progetto di giornalismo partecipativo in partenza, di cui è disponibile online una prima bozza di costituzione già oggetto di accese discussioni nella blogosfera d’Oltreoceano. L’idea forte del progetto è di dar vita a una istituzione no-profit online in cui sono gli utenti a finanziare specifiche inchieste giornalistiche. Attraverso metodi open source, il pubblico discute e decide qual è l’argomento su cui vorrebbe saperne di più. Stabilito il tema, scatta il meccanismo della donazione per retribuire i reporter e gli editor professionisti designati a portare avanti l’inchiesta. Tutti gli stadi di avanzamento sono documentati online in maniera trasparente, attraverso spazi wiki e i blog gestiti dagli editor. Gli utenti, a loro volta, sono tenuti a partecipare attivamente al processo editoriale, fornendo consigli, documenti, notizie, link e qualsiasi altro tipo di contributo pertinente.

Il merito principale di New Assignment è certamente l’idea di far convivere, all’interno di un unico quadro operativo, partecipazione degli utenti e giornalismo di qualità, senza per questo liquidare figure centrali della filiera tradizionale come i reporter professionisti e gli editor, il cui apporto secondo Rosen resta comunque irrinunciabile: «Il progetto prevede che non ci sia alcun antagonismo tra utenti citizen e giornalisti professionisti. Abbiamo bisogno di entrambi». Per dirla con Jeff Jarvis, altro sostenitore dell’iniziativa attraverso la sua start-up Daylife, si tratta di andare oltre il termine citizen, che in questi anni ha generato una «separazione artificiale» tra giornalismo tradizionale e pubblico, impedendo di fatto qualsiasi forma di dialogo.

Sarebbe meglio quindi parlare di networked journalism, definizione focalizzata più sul processo che sul prodotto e più aderente alla reale natura collaborativa della pratica giornalistica. «Nel networked journalism il pubblico prende parte all’inchiesta prima che venga elaborata, contribuendo con fatti, domande e consigli», spiega Jarvis. Gli utenti continuano a partecipare anche dopo la pubblicazione, aggiungendo correzioni, precisazioni, critiche: qualcosa di molto simile al processo già in atto all’interno della blogosfera, e che per molti versi sembra irreversibile. Nel nuovo ecosistema della Rete, infatti, non esiste notizia definitiva: ogni informazione è per forza di cose provvisoria e costituisce solo uno stadio di una pratica conversazionale più ampia da cui il pubblico non può essere tagliato fuori.

Naturalmente, il progetto di Rosen non rappresenta un modello di business sostenibile per il futuro del giornalismo online. Come ha ben evidenziato David Weinberger, New Assignment non dà alcuna risposta alla domanda «Da dove arriveranno le risorse per finanziare il buon giornalismo in questo selvaggio mondo dei new media che stiamo costruendo?». La domanda che pone è invece un’altra: «Come possono giornalisti e cittadini lavorare insieme, in pubblico?». Di qui Weinberger suggerisce di guardare a New Assignment come a una sorta di marchio di boutique, capace di coprire storie in gran parte ignorate dai media tradizionali e di cui il pubblico avverte una reale esigenza di approfondimento.

Seppur in un’ottica costruttiva, molti altri blogger statunitensi hanno puntualmente richiamato l’attenzione su questioni che restano ancora aperte. Mark Glaser, ad esempio, fa notare che la scelta di retribuire solo gli editor e i reporter potrebbe essere avvertita come ingiusta da parte di quegli utenti che parteciperanno attivamente al progetto. Will Bunch esprime dubbi sulla possibilità di tradurre il modello a livello di news locali, in quanto i finanziamenti non potrebbero essere sufficienti. Chris Anderson invece si chiede se davvero i risultati potranno essere “open” per tutti.

Con modestia e spirito di apertura, Rosen non nasconde le tante difficoltà intrinseche al progetto. Certo è che questo cocktail di smart mobs e reporter ed editor, in cui il grande escluso è proprio l’industria dei media, è destinato a far discutere molto. E perché no, anche a dar fastidio a qualcuno, se davvero riuscirà a far sua quella spinta irriverente che ha caratterizzato il citizen journalism in questi primi anni di vita.

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