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Proteste e azioni di strada contro le tecnologie Drm

30 Maggio 2006

Proteste e azioni di strada contro le tecnologie Drm

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Organizzato da Defective by Design, un flash mob a Seattle dà il via alla campagna USA per bloccare l'introduzione diffusa del Digital Rights Management.

«Non esiste causa più importante per le libertà elettroniche e per la privacy che il richiamo all´azione per impedire al Drm di azzoppare il nostro futuro digitale. Dobbiamo muoverci ora. Unisciti a noi». Questo il grido di battaglia con cui apre Defective by Design, il sito-megafono voluto dalla Free Software Foundation (Fsf) per dare il via alla campagna anti-Drm. Coadiuvata dai “freedom fighter” della frontiera elettronica e con tanto di “flash mob” nelle strade di Seattle, tutto è partito davanti al Washington State Trade & Convention Center cittadino, dove martedì scorso esperti e sviluppatori Microsoft erano accorsi per ascoltare Bill Gates illustrare l´imminente versione del sistema operativo, Vista. La Windows Hardware & Engineering Conference ha così dovuto dividere l´onore della cronaca con un inatteso evento collaterale, con un gruppo di persone vestite con vistose tute protettive, stile anti-radiazioni nucleari o sterminio di parassiti pericolosi, riunitesi davanti all´ingresso. L´intento della protesta era quello di comunicare un messaggio molto chiaro, sia al gigante del software che ai Big Media convenuti per l´occasione: il prodotto è difettoso e dannoso per gli utenti, bisogna tenerlo lontano e sterminarlo al più presto.

Un´azione deliberatamente impostata come un “flash event”, tenuta segreta un po´ a tutti: solo il giorno prima la Electronic Frontier Foundation aveva allertato i propri aderenti di Seattle e qualcosa era passato nella mailing list del locale Linux Users’ Group. «Le tre dozzine di attivisti che sono convenuti all´angolo di Pike Street e 7th Street in downtown Seattle alle 8 del mattino non avevano idea della forma che la protesta avrebbe assunto fino a quando si sono infilati in un vicoletto adiacente per indossare le tute protettive e accorrere davanti all´ingresso del Convention Center», scrive uno dei web-reporter presenti, mentre sono state soprattutto le istantanee dell´azione a trovare poi ampio rilancio online. Sono infatti queste le strategie su cui punta Gregory Heller, manager dell´intera campagna, che ne sintetizza in tal modo le modalità operative: «proteste flash, azioni dirette, e interventi concreti in cui la gente possa coinvolgersi attivamente nell´aiutare a bloccare la stupidità del Drm». Riprendendo in sostanza analoghe iniziative di strada che alcuni mesi fa avevano sollevato un certo clamore in Francia, grazie alle azioni coordinate dal gruppo Stop DRM. Una rete di campagne internazionali tra i cui obiettivi rientra anche quello di identificare simili prodotti “deliberatamente difettosi” rispetto ai diritti del consumatore, esponendo e finanche boicottando le aziende high-tech che insisteranno a lanciarli sul mercato.

L´evento di Seattle segna quindi il ritorno a un attivismo di base che in futuro avrà ripercussioni a tutto campo, soprattutto nel tentativo di attirare la massima attenzione del pubblico e dei media sulla questione. Un attivismo rinfocolato per prima proprio dalla Fsf, come aveva preannunciato Peter Brown, da qualche mese nuovo direttore esecutivo, in un articolato profilo di qualche settimana addietro. Dove spiegava che, oltre a «far arrivare il messaggio del software libero al di fuori del mondo hacker», una delle prossime mosse della Fsf sarebbe stata l´avvio di un´apposita campagna per chiarire al grande pubblico le nefaste conseguenze del Drm (questione tra l´altro centrale nella bozza in discussione della nuova versione della licenza Gnu Gpl). «Lanceremo una campagna insieme ai produttori per fare in modo che gli utenti si rendano conto della posta in gioco, per sollecitarli a non acquistare hardware di certe marche e sottolineare il fatto che se scarichiamo della musica, esistono parecchie restrizioni sul modo di usarla», spiegava Brown. «Ad esempio, ci è impossibile condividerla con gli amici, e può ben darsi che il prossimo apparecchio acquistato ci impedirà di riprodurre musica che abbiamo scaricato legalmente a pagamento».

In gioco ci sono le pressioni delle major a sostegno di questi sistemi di restrizione e le recenti introduzioni nell´hardware e software multimediale, quello di Microsoft in prima fila. Anche se DRM ufficialmente sta per Digital Rights Management, l´acronimo viene infatti usato (più appropriatamente) per indicare Digital Retrictions Management, la gestione delle restrizioni digitali imposte all´utente, non di rado a sua insaputa, nell´utilizzo di media e apparecchi digitali. Qualcosa che ha portato anche all´elaborazione di un´apposita “licenza libera contro il Drm 2.0”, sorta di variante del copyleft, con tanto di definizioni legali, area di applicabilità e diritti connessi, già tradotta in diverse lingue, italiano incluso. E basata su un presupposto assai semplice: «No Drm. Questa licenza è incompatibile con tutte le tecnologie, i dispositivi o i componenti che, nel normale corso del loro funzionamento, sono destinati a impedire o limitare atti autorizzati o non autorizzati dal licenziante: tale incompatibilità determina l’inapplicabilità della licenza all’opera».

Intanto il ruolo futuro di DefectiveByDesign.org sarà vieppiù quello di coordinare e amplificare le adesioni di singoli e gruppi interessati a unirsi alle proteste. Tra questi, è già salita a bordo l´ente nonprofit CivicActions, che non lesina certo le critiche alle calate repressive volute dalle major del disco e di Hollywood, che negli ultimi due anni hanno fatto da preambolo all´introduzione del Drm: «I boss mediatici urlano ‘pirati´ equiparando il file sharing a omicidi e rapimenti, e querelano gli studenti di college. Poi ci strappano i nostri diritti legittimi per imporci dei prodotti azzoppati», ha dichiarato il chairman dell´associazione Henri Poole. «Da tempo i boss mediatici hanno svolto il ruolo di “gatekeeper” verso il mercato per conto degli artisti. Ora si sentono minacciati dai nuovi servizi di distribuzione che forniscono agli artisti nuove libertà e accesso diretto al pubblico. Il Drm è il tentativo dei boss mediatici di re-imporre le loro regole».

L'autore

  • Bernardo Parrella
    Bernardo Parrella è un giornalista freelance, traduttore e attivista su temi legati a media e culture digitali. Collabora dagli Stati Uniti con varie testate, tra cui Wired e La Stampa online.

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