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E se funzionasse, la psicoanalisi online?

08 Marzo 2006

E se funzionasse, la psicoanalisi online?

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Forse in un futuro, cureremo la psiche online. Resta da vedere se interagiremo con un dottore o con una macchina

Da veterano di Internet e fervente credente del web, sono sempre stato convinto che in Rete si potessero fare bene molte cose. Ma non avrei mai pensato che si potesse fare psicoterapia online. O meglio, che potesse funzionare; alle bufale della rete ormai abbiamo fatto il callo. Pare invece che mi sia sbagliato: in un articolo pubblicato sull’eminente British Journal of Psychiatry, ricercatori dell´Università svedese di Linkoping riportano buoni risultati ottenuti applicando la psicoterapia online: un gruppo di 117 volontari, scelti appositamente (requisito fondamentale: essere depressi, da una leggera depressione a una moderata) è stato sottoposto a sessioni di terapia di gruppo via chat, affiancati dall’uso di materiali di auto-aiuto posti online.

A detta dei ricercatori, il tasso di successo è stato comparabile a quello di progetti di terapia convenzionale o via telefono, anche se un buon 40% del campione ha abbandonato la terapia trovandola troppo complessa. Tra le prime conclusioni della ricerca:

1) la terapia online non potrà probabilmente sostituire, ma solo integrare, forme tradizionali di supporto;

2) la necessità che esista un rapporto di fiducia tra il paziente e il dottore – anche usando mezzi online – perchè il processo possa dare buoni frutti (alla faccia di chi pensava che la gente potesse sentirsi meglio raccontando i più intimi fattacci propri ad un imbecille di cui non ci si fida).

In realtà, già da altri studi si era visto che, in molti casi, qualunque attività terapeutica intrapresa in qualsiasi forma, si rivela (almeno inizialmente) efficace. Il semplice fatto di aver intrapreso una azione correttiva già di per sé fa sentire meglio, e la speranza che funzioni può essere una forte spinta al miglioramento.

Siamo a rischio cyber-ciarlatano?

Se mi è permesso aggiungere una considerazione, il semplice fatto di aver qualcuno con cui sfogarsi (al limite anche se non è un dottore può andare bene lo stesso) può essere di grande aiuto. Il problema è che se va bene avere un amico non laureato in medicina e psichiatria per fare quattro chiacchiere al bar, va malissimo avere dei non-professionisti che intervengono professionalmente nell´esercizio di un percorso psicoanalitico.

Ovvio, ma è proprio quello che succede online dove, insieme a serie sperimentazioni, è rapidamente esploso il business dell´online counseling, grazie a siti che promettono di far recuperare rapidamente la salute e l´equilibrio psicologico. E alle cui spalle esistono talvolta persone incompetenti se non veri e propri truffatori. Detto questo, è probabile che la terapia online abbia buone possibilità di svilupparsi – non foss´altro perchè può rispondere bene a esigenze pragmatiche da parte del mercato; quali la flessibilità degli orari, l´anonimato assoluto, forse il costo ridotto, sicuramente la comodità di non dover traversare la città in taxi durante l´ora di punta per cercare di arrivare in orario all´appuntamento con l´analista (il quale ci chiederà perdipiù di riflettere se non ci sia un motivo subconscio al perenne ritardo per le sedute…).

Senza arrivare – o chissà sì – a forme estreme, quali micro sessioni analitiche durante la pausa caffé (in sostituzione della tradizionale partitella a Tetris), molti studiosi ritengono che ci sia un futuro per questo tipo di strumento – declinando quasi ogni aspetto della Rete in forma di tool di auto aiuto o di terapia guidata. Nella forma più vicina alla terapia tradizionale face-to-face (f2f) si sta lavorando allo sviluppo della teoria e della pratica della video analisi – in cui paziente e analista si confrontano via webcam (e vostra moglie che pensava l´aveste comprata per chattare con le amanti virtuali…).

Ma la e-therapy viene testata anche attraverso le e-mail paziente-dottore o le terapie di gruppo basate su forum o su chat. E sicuramente la possibilità di poter colloquiare telefonicamente con il proprio analista anche quando si è in un altro continente (usando Skype, Gizmo o Google Talk) è economicamente molto interessante.

Serve un modo diverso di leggere il paziente

Chiaro è che c´è da fare moltissima ricerca, in quanto online vengono a mancare un sacco di segnali non verbali, di comportamento, di modo di esprimersi che sono utilissimi per l´analista. E può venire a mancare, nel caso dell´email, della partecipazione a una comunità virtuale o dell´uso terapeutico di un proprio blog, la spontaneità di espressione: chissà se il paziente ha scritto la prima cosa che gli veniva dal profondo, o se ha proceduto a una revisione editoriale (e quindi molto meno rivelatrice) dei propri pensieri. Così come la scelta del font, del colore, della dimensione del carattere possono (o meno) contenere profondi significati ego/eteroriferiti (ad esempio: l´uso cronico di un Braggadoccio demibold Italics a 25 punti è notoriamente segno di un malessere esistenziale).

Ottimizzare tempi e costi (e parcelle?)

Dal lato della categoria professionale degli analisti di vario tipo, genere e forma, l´avvento di queste nuove opportunità è accolto con posizioni contrastanti; escludendo i ciarlatani, anche tra i seri professionisti c´è un vasto spettro di posizioni, dal rifiuto incondizionale all´adesione entusiastica; da alcuni motivata dal valore terapeutico potenziale, da altri dalla comodità dello strumento e dalla possibilità, chissà, di poter tenere sessioni contemporanee via chat con più pazienti senza muoversi dal lettino – nel senso che potrebbe essere l´analista a sistemarsi comodamente sul suo lettino, portatilein grembo e tazza di tè sul tavolino.

Questo tipo di terapia non è sicuramente la soluzione ideale (o nemmeno quella lontanamente adeguata) per molti tipi di sindromi: un buon numero di esseri umani hanno inoltre una scarsa confidenza col computer, hanno velocità di battitura alla tastiera assolutamente inadeguate per tener dietro al turbinoso flusso di rospi da sputare nelle sessioni più intense (ed è ancora più complesso digitare su una tastiera resa scivolosa dalle lacrime…): con il problema inoltre per l´analista di discernere se l´errore dipenda da un fattore profondo o se il digitare erroneamente «la mia wienerschnitzel» invece di «la mia mamma buonanima» non dipenda semplicemente da una scarsa abilità dattilografica.

Per molti scrivere è un´attività inusuale, uno strumento che (online o offline) si sono disabituati a usare, a tutto profitto della parola… e non sempre possiamo pensare di poter parlare via VoIP con l´analista anche solo per la banale mancanza di spazi riservati (in casa o sul luogo di lavoro / di studio). D´altra parte la mancanza di un contatto diretto potrebbe essere di grande aiuto per molti altri potenziali pazienti: se tanto si è in rete e nessuno ci vede, potrebbero intervenire meccanismi con effetto liberatorio – rendendo più facile raccontare le nostre cose più intime.

E se fosse una macchina?

Il lavoro su questo fronte continua, anche attraverso l´impegno di gruppi di ricerca appositamente organizzatida entità professionali ed è già molto vasto il novero dei lavori pubblicati. Si sta iniziando a ragionare sul futuro della professione e magari un giorno vedremo scuole di specializzazione in psicologia applicata online. Ma il vero sogno, o incubo, della professione è lo scenario in cui il computer sia in grado, almeno in casi semplici, di procedere autonomamente e intervenire terapeuticamente sui pazienti senza un supporto umano (il paziente avrà il diritto di sapere che sta interagendo con una macchina? Saperlo non potrebbe annullare l´efficacia terapeutica?).

L´intelligenza artificiale ha fatto passi da gigante in questi anni ma sembra ancora lontana dall´aver raggiunto il livello necessario per pasticciare con le nostre funzioni psicologiche. Se comunque volete provare l´ebbrezza di dialogare con una psicologa online (in realtà un programma molto datato, nato come parodia di uno psicologo) potete farvi quattro chiacchiere con ELIZA. Volendo testare in proprio se vi basti dialogare con chiunque o qualunque cosa per sentirvi meglio, provate a farvi due ciance con chatterbot più divertenti quali A.L.I.C.E. o Cybelle. Se vi trovate bene, avete risparmiato un sacco di soldi.

Staremo a vedere. La Rete ha ancora molto da dire e molto da destabilizzare. Credo sia positivo qualunque strumento che renda più facile, economico e semplice l´accesso a un serio supporto analitico, convinto come sono che un paio d´anni d´analisi dovrebbero essere, per tutti, resi obbligatori per legge (se strabuzzate gli occhi alla mia affermazione, fatevi un giro per Milano o Roma in ora di punta, e poi mi dite…).

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