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La General Public License va rinnovata e rilanciata

30 Dicembre 2004

La General Public License va rinnovata e rilanciata

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Dopo 13 anni di grandi successi, la mitica GPL merita qualche ritocco: ne sono convinti la comunità, l'industria e lo stesso Stallman

“La GPL è divenuta il punto cruciale su cui ruota un’industria multimiliardaria. Francamente, non credo fosse stata progettata per questo”: giudizio sintetico e preciso offerto da Mark Radcliffe, avvocato che da tempo si occupa delle varie licenze sul software. D’altronde l’attuale versione 2, stilata nel corso degli anni 80, oggi viene adottata non più soltanto in ambiti minori quanto piuttosto dall’intero comparto informatico, inclusi grossi nomi della classifica Fortune 500. Uno scenario che ha convinto il suo ideatore, Richard Stallman, a mettere mano alla necessaria e attesa revisione del testo. In particolare i ritocchi previsti consentiranno a chi usa questa licenza di risolvere meglio le crescenti diatribe con i brevetti software, chiarire il modo in cui il software targato GPL vada usato nei vari network (soprattutto quelli pubblici) e su hardware proprietario, eliminare alcuni ostacoli che impediscono l’integrazione tra programmi sotto GPL e altri con licenze diverse.

Questioni queste che normalmente toccano soltanto gli avvocati delle varie aziende coinvolte in possibili impicci legali. Ma che nello specifico riguardano invece l’essenza stessa di un progetto aperto, collaborativo e globale che ha aperto la strada alla potente penetrazione del software libero e open source. Dall’ascesa di Linux al super-diffuso database MySQL al file-sharing Samba, la cooperazione diffusa continua a produrre pacchetti software di uso comune ormai in ogni settore. Secondo Freshmeat, che si autodefinisce “il più vasto archivio di software Unix e multi-piattaforma” al momento circolano quasi 20.000 progetti con il timbro GPL, la quale copre il 68 per cento dei programmi indicizzati all’interno dello stesso Freshmeat.

Il fatto che questa licenza consenta a chiunque di visionare, modificare e ridistribuire (sempre sotto GPL) il codice sorgente è stato il grimaldello che ha scardinato pratiche (e concetti) ormai dati per scontati, quelli basati sul modello proprietario, grazie anche alla nascita di un’agguerrita comunità di programmatori in ogni paese del mondo. Tendenza rapidamente replicata ben oltre l’informatica, dall’editoria specializzata alla ricerca scientifica, e che, c’è da scommetterlo, proseguirà ancora a lungo nel tempo.

Non a caso da qualche tempo molti tra quanti usano variamente la licenza si sono lamentati, ad esempio, della scarsa chiarezza del testo nel caso di conflitti con programmi o codice coperti da brevetti. Altri hanno sostenuto che la licenza andrebbe resa più elastica, onde meglio adattarsi a recenti iniziative quali la messa a punto di sofisticati servizi Web e metodi di “trusted computing” che ricorrono già a programmi proprietari. Queste alcune delle motivazioni che hanno finalmente convinto Stallman a mettere mano alla stesura originaria, pur se occorre aver pazienza finanche per una bozza a cui aggiungere i commenti generali. Chiarisce il fondatore della Free Software Foundation: “Non siamo neppure vicini a una versione da far girare. Conosciamo gli obiettivi da raggiungere, ma non è ancora chiaro come arrivarci”.

Il gruppo di lavoro curato da Stallman prevede tra l’altro di rendere la GPL maggiormente compatibile con altre licenze libere dove sono incluse clausole che vietano di integrarvi codice sotto GPL (pur trattandosi di licenze poco usate). Altro punto importante, visti gli sviluppi in atto nel bollente settore dei digital video recorder: permettere l’uso di software ad hoc per apparecchi tipo il TiVo che però non permettono alcuna modifica. E com’è noto, vietare i cambiamenti è contrario allo spirito stesso della GPL.

Intanto vari esponenti del giro open source-software libero vedrebbero volentieri la GPL 3.0 come strumento ancora più “politico” rispetto all’ambito brevetti, che si farà sempre più bollente del prossimo futuro. Spiega Eric Raymond, presidente della Open Source Initiative: “Dobbiamo trovare qualche modo per infrangere l’orrendo, distruttivo oligopolio dei software-patent prima che provochi danni più seri… Se la GPL 3 potesse contribuire in tal senso, sarebbe estremamente utile”. Gli fa eco Bruce Perens, altro noto esponente della comunità: “Vorrei che la prossima versione della GPL includesse una clausola di tutela reciproca sui brevetti, in modo che se qualcuno vuole imporre un brevetto contro un software libero allora perde il diritto all’uso di tale software”. Posizioni a cui replicano i compromessi suggeriti dall’industria, tra cui quello di Novell, anche se fin troppo generico: “La tutela della proprietà intellettuale e l’open source possono operare mano nella mano e non si contraddicono a vicenda”.

In ogni caso sembra che anche le corporation vogliano favorire una maggiore comprensione dei vari utilizzi della GPL al fine di ampliare il bacino dei progetti condivisi tra aziende grandi e piccole, in particolare, riguardo la tecnologia in costruzione del “trusted computing” e sui vari aspetti concernenti le opere derivate. Secondo Martin Fink, vicepresidente della divisione Linux di Hewlett-Packard, è il caso di evitare la proliferazione di ulteriori licenze, facendo invece in modo che la GPL possa “avere un più ampio spettro di integrazione”.

L'autore

  • Bernardo Parrella
    Bernardo Parrella è un giornalista freelance, traduttore e attivista su temi legati a media e culture digitali. Collabora dagli Stati Uniti con varie testate, tra cui Wired e La Stampa online.

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