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La Subdola Congiura dei Fratelli Marx

10 Dicembre 2003

La Subdola Congiura dei Fratelli Marx

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A fine di Ottobre il NY Times on line pubblica un articolo che mi fa sobbalzare sulla sedia, gela il sangue nelle vene, mi rizza i capelli in testa e mi innesca una serie di stereotipi da film dell'orrore

L’articolo, intitolato “Customer Service Cluelessness” con un seguito a Dicembre, avanza un’altra teoria della cospirazione, prospettando nuove ed oscure manovre ai danni del cittadino americano.

L’idea di fondo è che le aziende rendano la vita difficile ai propri clienti per aumentare i profitti. O che per lo stesso motivo commettano degli “errori”.

Come è possibile? La teoria è semplice e affascinante. Se costringi la gente a scriverti otto volte per ottenere un pagamento o un rimborso, prima o poi un certo numero molla il colpo e lascia stare. Profitti extra.

Se un’azienda “sbaglia” a fatturare, o a dare i vantaggi promessi in una promozione (ad es. minuti di conversazione o sms gratis…), ancora profitti gratis: una certa percentuale di utenti non si accorgerà mai della discrepanza e pagherà senza battere ciglio. E così via.

Dopo alcuni giorni, viene pubblicato un follow up dell’articolo raccogliendo i contributi dei lettori del giornale, con nuove storie dell’orrore e testimonianze che, almeno per un certo numero di aziende, sbagliare (a proprio favore) è una strategia studiata a tavolino per aumentare i margini.

Mi inquieto. Possibile che al Sacro Graal del Customer Service si contrapponga il vile denaro? E sopratutto, possibile che capiti anche qui da noi in Italia? Possibile che convenga lucrare sui clienti, anche a costo di perderli?

In effetti, bazzicando per i forum e le mailing list, gli esempi di cattivo customer service e di errori sospetti abbondano anche qui da noi. Difficile (almeno apparentemente) che si sbagli a favore del cliente.
Facevo fatica a crederci ma purtroppo siamo nel paese che “a pensare male si fa peccato ma raramente si sbaglia”. E poi ci sto passando di mezzo anch’io: tanto per fare nomi e cognomi, sono stato vittima di un suggestivo errore di Fastweb (dopo aver ricevuto la mia raccomandata di disdetta per la fibra ottica, causa trasloco a inizio 2003, ha continuato imperterrita a fatturarmi il servizio per mesi, prima che me ne accorgessi. Scemo io, storia lunga).

E così mi hanno prelevato qualche centinaio di euro. Al telefono hanno prontamente riconosciuto l’errore e fatto promesse di rimborso mantenute, meno male, però ci hanno messo 6 settimane a restituire il maltolto (bonifico giunto proprio stamattina) e si sono tenuti i mesi e mesi di valuta.

Vittima anch’io di quella che Pogue ha definito “passive-aggressive robbery”? Un rapido check per verificare se sono un caso isolato: non c’è di meglio che controllare i siti delle associazioni dei consumatori.

Vado su Adusbef.it e scopro, segnalati, un’altra serie di errori del nostro fornitore digitale di connettività. Adiconsum parla di Fastweb in home page, chiedendo maggior rispetto per i diritti degli utenti. Su mdc.it ce n’è per Fastweb come per tutti gli altri gestori di telefonia e tlc, per il Codacons (che cita il Manifesto dell’8/11/2003, la “truffa corre sul filo”), di operatori non se ne salva nemmeno uno. C’è chi chiede il blocco della pubblicità di Fastweb e chi invoca ritorsioni nucleari (gli Stati Uniti hanno detto: “parliamone”).

Debbo dunque credere alla teoria del complotto? Sono stato davvero vittima delle forze del male che hanno messo le mani nel mio portafoglio? Tutto ciò in cui credevo (in termini di Customer Service) è dunque da buttar via?

Stavo per dire di sì, quando un’altro pensiero è scoccato nella mia mente.

Un passo indietro: quella di Fastweb non è la sola Case History interessante che sto vivendo.

Già. 3 settimane fa il mio sito, venturini.biz, è scomparso, e con esso la mia posta. Potete immaginare cosa capita quando ti sparisce la posta aziendale. Tutto evaporato, svanito. Controllo: il dominio è a posto, il mio fornitore di hosting (Lycos) ha semplicemente cancellato il mio sito business (lasciando curiosamente intatto il mio sito personale, con altro dominio).
Boh. Non ho ricevuto nessun preavviso, nessuna comunicazione. Semplicemente è sparito il mio account, per loro venturini.biz non esiste più. Sarà un problema temporaneo. Scrivo subito all’assistenza. Ci vogliono 2-3 giorni per ricevere un abbozzo di risposta, ma nessuna soluzione. Inizio a scrivere tutti i giorni. Non hanno idea di cosa sia successo. Non riescono a risolvermi il problema. Non riescono nemmeno a darmi delle risposte sensate (anche se qualcuno di loro ci prova, con buona volontà ma senza supporto da parte dei colleghi “tecnici”). Il mio sito e la mia posta rimangono nel nulla cosmico.

Visto che loro non riescono a capire cosa è successo, ci provo io. Pensa che ti ripensa, formulo una teoria: me l’hanno chiuso perché non ho pagato le fatture. In effetti è un po’ che non vedo addebiti a loro favore sulla mia carta di credito.
Ma non ho pagato le fatture perchè si sono dimenticati di emetterle. E dato che si sono “dimenticati” di emettere le fatture, mi hanno chiuso il sito. Sara così? Inquietante. Riscrivo, segnalando a lor signori la mia teoria.

Qui si scatena il delirio. E scopro che al timone del Customer Care di Lycos ci devono stare i fratelli Marx.

Tra le risposte che ottengo, cito: “Nonostante non sia in grado di spiegarle quanto è avvenuto, ho perlomeno il piacere di informarla che l’altro suo sito è regolarmente on-line.” Che culo (scusate) me ne hanno disintegrato solo uno. Mi spiegano che per il problema delle fatture posso consultarle dall’interno del mio account (CHIUSO, ho detto che l’account me lo avete chiuso, C_H_I_U_S_O, capito??).

Al mio grido accorato “mi avete chiuso venturini.biz” rispondono che le fatture di venturini.net ci sono e se non sono più interessato al loro hosting per venturini.net mi consigliano di disdettare entro Febbraio, altrimenti si rinnova automaticamente (non voglio disdettare la formula, voglio sapere che fine ha fatto il mio sito, perché mi hanno chiuso la posta, e li rivoglio).

Mi ringraziano per averli contattati e mi ricordano che “abbiamo provveduto a inoltrare la sua richiesta alla sezione competente. Appena otterrò una risposta le invierò un’e-mail con l’eventuale soluzione”.

Leggendo che la soluzione al mio problema sarà “eventuale” getto la spugna. Dopo tre settimane di lotta all’arma bianca contro l’approccio paranormale e postmoderno del loro Customer Care (“Care”? “Care”? In che accezione del termine?) mi arrendo. In un paio d’ore ho trovato un provider locale, qui in Spagna, l’ho pagato (molto meno), ho rimesso su il sito ed ho parlato due volte col loro Customer Care per alcuni dettagli.

Da arrabbiarsi? No, anzi.

Diciamolo: mi sento meglio! Sono risollevato.
Non ci sono cospirazioni. Lycos ha fatto su un casino straordinario, ma non per fregarmi dei soldi, anzi, avendo chiuso il mio account e non fatturandomi, escludo ovviamente il fine di lucro.

Forse davvero non c’è un Grande Vecchio, forse ci sono solo persone che sbagliano e aziende incasinate. Imprese che per leggerezza, risparmio sui costi o problemi di knowledge management, si fanno del male da sole.

Morale della favola, lato utente: citando Ronald Reagan che citava un proverbio russo, “fidati ma verifica” (lo diceva a proposito degli arsenali nucleari).
Meglio non fidarsi di nessuno. I nostri fornitori, provider, TLC, sbagliano. Bisogna controllare. Tutto. Controllare le bollette. Non pagare con addebiti automatici in banca o su Carta di Credito. Segnarsi le condizioni di fornitura, i termini delle promozioni, gli sconti e gli omaggi promessi, e controllare. Non fidarsi dei grandi nomi. Prima di sottoscrivere un contratto, dare un occhio ai siti di difesa dei consumatori e ai forum, tipo ciao.com o ai forum/mailing list specializzati.

Morale della favola, lato azienda: da uomo di marketing, lo dico col cuore straziato. Ma un investimento di miliardi in comunicazione viene rapidamente vanificato dall’incapacità di assicurare un servizio corretto, senza errori, senza disservizi.
Bastano una manciata di “errori” (sono convinto che tutti, a partire da Fastweb, siano davvero in buona fede) per generare una pubblicità negativa in grado di annullare l’effetto di sofisticate e costose campagne di marketing.

Purtroppo, anche nell’era dell’online, della comunicazione digitale, della Nuova Old Economy, la regola di base non cambia e, prima di comunicare, meglio assicurarsi di essere in grado di non fare pasticci sui propri clienti. Si chiamano i “fondamentali” del business, e se si chiamano così, una ragione ci sarà.

(Post Scriptum: per favore, la formazione e gestione del Customer Care, affidatela a professionisti seri e pagati ragionevolmente. Il cabaret ci piace tanto, ma allo Zelig; non nelle risposte di chi dovrebbe risolverci i problemi).

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