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Google, dove vai?

03 Dicembre 2003

Google, dove vai?

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Il motore di ricerca più celebre è a una svolta, insidiato dal proprio successo e dai concorrenti. Le sue prossime scelte etiche possono fare la differenza fra libertà e censura

Googlare. Se c´è una cosa che testimonia il successo di un´idea, è quando il suo nome da marchio si trasforma in verbo. Ormai Google è così tanto sinonimo di “ricerca in Internet” che gli utenti più giovani non si ricordano dell´epoca pre-Google, quando ci si disperava con WAIS, Gopher e altre ferraglie da matusa, e per sapere dove trovare le informazioni su Internet si ricorreva al passaparola o agli indici di siti (directory), a volte addirittura stampati su carta. Certo, abbiamo avuto tanti altri motori di ricerca prima di Google, e molti di essi esistono ancora, ma sono l´ombra di quel che erano (ricordate AltaVista?). Google domina incontrastato da quasi cinque anni: un´eternità per i ritmi di Internet.

Google non è soltanto un ottimo motore di ricerca dal punto di vista tecnico e funzionale, con la sua proverbiale leggerezza ed essenzialità, le sue ricerche istantanee nei newsgroup, nelle notizie e nelle immagini: è anche una delle poche società che operano esclusivamente via Internet, ad aver trovato il segreto per fare soldi con la pubblicità in Rete. Su un fatturato annuo di 900 milioni di dollari, Google ha utili lordi per circa 350 milioni, stando a Fortune. Non c´è male per una società nata nel 1998, in un garage, dalle menti di due studenti di Stanford, Sergey Brin e Larry Page, con l´iniezione di capitale del cofondatore della Sun, Andy Bechtolsheim.

Con l´imminente offerta pubblica iniziale delle azioni di Google, Brin e Page e diventeranno miliardari, insieme a una buona parte dei loro soci e dipendenti. Google ha 150.000 inserzionisti paganti: digitate il nome di un qualsiasi prodotto e insieme ai risultati compariranno le pubblicità pagate dei rivenditori di quel prodotto, rigorosamente separate dai risultati di ricerca veri e propri. Réclame non invadenti e su misura, che offrono proprio quello che l´utente sta cercando.

Google si è guadagnato anche un bene inestimabile come il rispetto della comunità Internet, perché dimostra chiaramente di avere un´etica personale e indipendente, a costo di scontrarsi con il profitto: per esempio, rifiuta pubblicità di rivenditori di armi, tabacco, superalcolici e farmacie senza licenza (però, piuttosto eccentricamente, accetta gli spot per i siti pornografici e il gioco d´azzardo).

Soldi, clienti paganti, rispetto, duecento milioni di consultazioni al giorno. Cosa può andare storto?

Nubi all´orizzonte

Può entrare in scena Microsoft, per esempio. Non è un segreto che Microsoft sta facendo i salti mortali per integrare le ricerche Internet in MSN e nel proprio nuovo sistema operativo Longhorn, previsto per il 2006. Il suo obiettivo ambizioso è permettere agli utenti di googlare il proprio disco rigido come se fosse tutt´uno con Internet. È già disponibile anche in italiano MSN NewsBot, la versione Microsoft di Google News.

Non ci vuole un genio per intuire i motivi dell´interesse di Microsoft per le ricerche online: sono una fonte di reddito infinitamente rinnovabile. Al tempo stesso, non occorre una mente particolarmente paranoica per notare che sarebbe facile per Microsoft far leva sul proprio monopolio nei sistemi operativi per indurre gli utenti a usare il suo motore di ricerca invece di Google. E, se per una fortuita coincidenza il motore Microsoft funzionasse soltanto con Internet Explorer, costituirebbe un ottimo strumento per mantenere l´attuale predominio di Windows.

Per conseguire questi risultati non è necessario che il motore Microsoft sia migliore, è sufficiente che sia accettabile. Il resto lo farà la naturale pigrizia degli utenti che, da che mondo è mondo, quando si trovano una funzione preinstallata e subito accessibile, la usano senza neppure chiedersi se esiste di meglio altrove. Scettici? Internet Explorer contro Netscape vi dice nulla?

Le quotazioni pericolose

Anche la quotazione in borsa potrebbe rivelarsi un boomerang per lo spirito ribelle di Google. Per Page e Brin diventerà più difficile procedere a scelte etiche ed indipendenti, se nel compierle danneggeranno il rendimento del titolo. Gli azionisti potrebbero punire Google in modo irreparabile.

La scelta di bandire i rivenditori di armi, per esempio, preclude a Google un mercato assai remunerativo verso il quale altri non sono così schizzinosi. Comprensibilmente, gli azionisti verranno a bussare da Brin e Page e chiederanno come mai accettano spot porno per suore ermafrodite ma rifiutano quelli per brandy, vodka e grappa (vini, champagne e spumanti sono invece ammessi). Sarà difficile fornire una risposta potabile.

L´altro rischio della quotazione in borsa ha di nuovo a che fare con Microsoft. Secondo il New York Times, fra settembre e ottobre scorso si sono tenuti incontri di alto livello fra Microsoft e Google per discutere l´ipotesi di una collaborazione o di una fusione con la società di Redmond.

Google ha rifiutato l´offerta, cosa che per ora può permettersi di fare. Ma quando sarà quotata in borsa, Microsoft o qualsiasi altra società dalle tasche ben fornite potrà acquisirla, checché ne dicano i suoi fondatori. A caro prezzo, magari, ma è noto che i soldi non sono esattamente un problema per zio Bill e molti altri magnati del software e dei media.

Google ergo sum

Il vero problema di Google è che il suo successo l´ha trasformato da mero oggetto tecnologico, utile alla stregua di un buon cacciavite, a strumento che influenza le opinioni. Google non è un motore di ricerca: è l´oracolo del ventunesimo secolo, consultato duecento milioni di volte al giorno. E a differenza dei suoi antichi predecessori, non risponde per enigmi, non richiede l´esame delle interiora di un volatile, e ci azzecca sempre.

Qualunque cosa vogliate sapere, Google la sa. Ormai è più facile che consultiate Google invece di tirar fuori un´enciclopedia sicuramente già obsoleta. Se una pagina Web non è indicizzata da Google, non la vede nessuno: ai fini pratici, non esiste. Fosse vivo adesso, probabilmente, Cartesio proclamerebbe “sono in Google, dunque esisto”.

Il potere mediatico di Google è, insomma, impressionante. Chi controlla il motore di ricerca più consultato del mondo controlla la conoscenza e quindi le opinioni. L´idea di uno strumento del genere in mano a un magnate, chiunque sia, non è rassicurante. Una dimostrazione pratica: se si ricerca Linux in Google News inglese, si ottengono 4120 risultati. In MSN Newsbot inglese, i risultati sono zero. Le versioni italiane dei due motori di ricerca sono più clementi: 47 in MSN Newsbot, 316 in Google News. È quasi sicuramente un problema di dentizione del servizio Microsoft, ma il potenziale di concorrenza sleale, per non parlare di censura vera e propria, è lampante.

Giù le mani da Google

Avere una fonte che consenta ricerche indipendenti ed imparziali è il fondamento di una società libera. Prima di Internet, questa fonte si chiamava biblioteca pubblica. Se qualcuno pensasse di comperare le biblioteche pubbliche e di controllarne il contenuto e l´accesso, saremmo giustamente preoccupati, così come lo siamo quando si prospetta una concentrazione di potere nella carta stampata o nella televisione.

Per questo motivo è meglio che Google, come le biblioteche, non abbia un unico padrone, né Microsoft né altri, neppure se animati dalle migliori intenzioni. Google deve restare indipendente. E´ talmente vitale per l´esistenza della Rete che andrebbe messo sotto tutela ONU come patrimonio dell´umanità, altro che quotata in borsa. Provate a fare a meno di Google per un giorno e ve ne renderete conto.

Forse ogni internauta dovrebbe comperare un´azione di Google, per garantire che nessun singolo possa controllarne il potere. Io ci sto, ditemi dove devo pagare.

L'autore

  • Paolo Attivissimo
    Paolo Attivissimo (non è uno pseudonimo) è nato nel 1963 a York, Inghilterra. Ha vissuto a lungo in Italia e ora oscilla per lavoro fra Italia, Lussemburgo e Inghilterra. E' autore di numerosi bestseller Apogeo e editor del sito www.attivissimo.net.

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