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Gli alti e bassi della musica online

31 Ottobre 2003

Gli alti e bassi della musica online

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La RIAA insiste col pugno duro, mentre al MIT si prova un compromesso legale e torna Napster, ma con abbonamenti e carte pre-pagate

Prosegue a fasi alterne il confronto tra l’industria dell’entertainment e i cyber-utenti. Le major discografiche hanno appena lanciato un secondo giro di lettere con minacce direttamente a quegli appassionati del file sharing colpevoli di download presumibilmente illegali. Si attende intanto il ritorno del redivivo Napster, ma con tariffe varie e, anzi, con le carte pre-pagate, presto in vendita in oltre 14.000 rivenditori vari negli USA, onde attirare nuove fasce di clienti, soprattutto quelli sprovvisti o poco inclini alle comuni carte di credito. Invece dal MIT arriva la notizia dell’avvio di un nuovo esperimento ad hoc: un sistema per condividere musica all’interno del campus capace di evitare le attuali battaglie legali sul copyright pur pagando le dovute royalty agli autori.

Partendo da quest’ultimo scenario, l’idea di una rete interna è stata messa a punto da due studenti del Massachussetts Institute of Technology, Keith Winstein e Josh Mandel, sotto l’egida dello stesso istituto e con il supporto economico di Microsoft. L’iniziativa, denominata Libraries Access to Music Project, renderà disponibili agli studenti una vasta raccolta di pezzi musicali tratti da oltre 3.500 CD tramite un canale (forse) del tutto inatteso: il network televisivo via cavo dell’università. Il progetto, descritto come un nuovo tipo di biblioteca, ha appena preso il via con le major alla finestra in cerca di repliche adeguate — non escluso il solito pugno duro, ovviamente. Ma secondo gli ideatori, il tutto rientra nella piena legalità, poiché l’ascolto e la “copia” avvengono usando il normale circuito TV del campus, pur se non mancano le sottigliezze legali dovute al passaggio dalla tecnologia analogica a quella digitale. “Speriamo che avendo accesso immediato a tutta questa musica, on demand e in qualsiasi momento, diventi meno probabile che gli studenti vogliano infrangere la legge,” ha spiegato Keith Winstein.

Il sistema via cavo del MIT consente il bypass della distribuzione digitale via Internet, approfittando al contempo delle licenze meno stringenti che l’industria concede in situazioni quali emittenti radio e, appunto, alcune trasmissioni in ambienti ristretti. Al pari di altre entità accademiche, l’università di Boston vanta infatti licenze di ampia portata per la trasmissione interna di musica i cui diritti spettano alle maggiori organizzazioni del settore, come American Society of Composers, Authors and Publishers (Ascap) e Broadcast Music Inc. (BMI). Per gli studenti, spiega il professor Abelson, la situazione è identica a quando si registrano delle canzoni da una comune radio FM, con qualità migliore pur se non a livello di CD. Winstein ha aggiunto che le spese per le apparecchiature necessarie ammontano a circa 10.000 dollari, più altri 25.000 per i diritti sulla musica, mentre il software verrà messo liberamente a disposizione di altri istituti accademici che lo richiederanno.

In attesa degli sviluppi di quest’ennesima mossa creativa per aggirare l’impasse complessivo e allentare la tensione, da San Francisco la Electronic Frontier Foundation continua a spiegare alle major del disco che è possibile soddisfare sia i desideri dei cyber-utenti sia le royalty degli autori. (Vedi sopra). Ma i potentati riuniti nella Recording Industry Association of America (RIAA) non vogliono sentirci e annunciano invece una nuova sventagliata di minacce incluse in lettere personali spedite in questi giorni a singoli utenti accusati di violare le norme sul copyright. Per tutta risposta, la EFF prosegue la campagna di all’erta, diffondendo un apposito manuale di autodifesa (How not to get sued by the RIAA) e un filmato online (The Great MP3 Caper) in cui ironizza non poco sui vari aspetti delle pesanti bordate contro il file sharing. Con la chiosa dell’avvocato Wendy Seltzer: “Invece di proseguire con la crociata legale, le etichette discografiche dovrebbe offrire ai consumatori l’opzione di pagare una cifra ragionevole per continuare con il file sharing.”

Posizioni che paiono del tutto ragionevoli, visto che il fenomeno illegale rallenta assai poco a seguito dell’atteggiamento da zero-tolerance, mentre monta al contempo il successo dei vari servizi per il download di canzoni a pagamento. Dove l’ultima novità riguarda l’attesa vigilia del ritorno di Napster, stavolta a pagamento (tra cui l’abbonamento a 10 dollari mensili per download illimitati). Roxio Corp., nuovo proprietario del marchio, annuncia da Santa Clara, nel cuore di Silicon Valley, che nei prossimi giorni diffonderà sull’intero territorio nazionale milioni di carte pre-pagate per accedere al servizio in partnership con InComm di Atlanta, maggior distributore di analoghe carte per la telefonia wireless e altri servizi. L’iniziativa precede di poco quanto si apprestano a fare i diretti rivali Rhapsody (RealNetworks) e MusicNow (FullAudio), nel tentativo di bissare il boom delle carte pre-pagate per servizi telefonici: ne vengono vendute per circa 6 miliardi di dollari l’anno. Ciò risolve (o almeno dovrebbe) l’annoso ostacolo della mancanza di carte di credito per il target preferito, i teen-ager, oltre ad attirare i non pochi utenti sempre diffidenti nell’inserire sul web i dati della Visa. Secondo Mike Bebel, responsabile del redivivo Napster, in tal modo si potranno anche fare dei regali con i download dei pezzi, facendo così conoscere il servizio ad altre persone. Un bacino potenziale non certo da poco.

L'autore

  • Bernardo Parrella
    Bernardo Parrella è un giornalista freelance, traduttore e attivista su temi legati a media e culture digitali. Collabora dagli Stati Uniti con varie testate, tra cui Wired e La Stampa online.

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