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Quando al telelavoro ci si crede davvero

18 Settembre 2003

Quando al telelavoro ci si crede davvero

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Pubblicata la guida del Dipartimento del Commercio e Industria inglese

È dell’agosto 2003 la pubblicazione di un’agile guida pratica alla realizzazione di esperienze di telelavoro da parte del Governo Inglese, ed in particolare del DTI, Dipartimento del Commercio e Industria, che in 26 pagine fornisce alcuni interessanti spunti di riflessione a chi in Italia sta svolgendo o progettando esperienze nel pubblico e nel privato.

Il quadro italiano vede il telelavoro applicato come conseguenza di svariate esigenze che vanno dal mascherare una ristrutturazione al raggiungere un veloce ritorno di immagine, all’applicazione estrema di una reingegnerizzazione dei processi aziendali al semplice riconoscimento di un premio verso determinati valorosi dipendenti o di una necessità legata alla cattiva condizione fisica temporanea o permanente della risorsa da remotizzare.

In Italia una regolamentazione del telelavoro esiste soltanto per il settore Pubblico, in Inghilterra non esiste né nel Pubblico né nel Privato. Da agosto però esistono delle linee guida sviluppate dal suddetto Dipartimento in collaborazione con Confindustria inglese, il TUC, confederazione sindacale inglese) e il CEEP, centro europeo di imprese partecipate dal pubblico e GEIE.

La guida, scaricabile gratuitamente nella sezione pubblicazioni del sito del DTI, è pensata per essere fruita sia da telelavoratori sia dai loro datori di lavoro. Sorvolando su concetti già sviluppati dalla vasta letteratura italiana ed internazionale sul tema (impatto sociale, statistiche sulla diffusione, condizioni di lavoro, vantaggi attesi, privacy etc.), preme sottolineare in particolare che la guida è stata sviluppata in conformità con il recente accordo quadro stipulato a livello Europeo dalle principali associazioni datoriali e sindacali a Bruxelles.

Volontario e temporaneo per il lavoratore, ma anche per l’azienda!

La guida parte dal presupposto imprescindibile che il telelavoro sia da considerarsi sempre come una pratica di lavoro volontaria e temporanea. Il livello di complessità e sfide che il telelavoratore dovrà affrontare nel corso della sperimentazione varia a seconda della durata della stessa, e anche dal numero di giorni che la risorsa remotizzata svolge lontano dal luogo di lavoro tradizionale. A giustificazione del carattere di volontarietà la guida sottolinea come un telelavoratore sia meno motivato nel momento in cui questa pratica lavorativa gli venga imposta.

La legge inglese, dall’Aprile 2003 prevede che i genitori di bambini disabili o sotto i sei anni possano accedere a forme di lavoro flessibile come il telelavoro, se lo desiderano. A questo punto la volontarietà coinvolge anche l’azienda, che può rifiutarsi di accettare la richiesta, per alcuni motivi predefiniti. L’azienda inoltre può rifiutarsi di modificare un contratto di telelavoro quando i costi del “reversal” siano troppo alti o quando la risorsa sia stata assunta esclusivamente per telelavorare. È consigliato comunque che nel contratto individuale o collettivo siano chiaramente elencati i motivi che possono portare al rientro.

Attrezzatura, Ergonomia e test della vista

In Inghilterra il datore di lavoro deve per legge garantire alla risorsa remotizzata un documento in cui vengono chiaramente individuate le possibili fonti di rischio, e lo stesso deve essere controllato dal telelavoratore. Il datore deve anche fornire un piano degli intervalli o dei cambiamenti pianificati di attività, e a richiesta del telelavoratore deve prevedere e pagare test della vista per la risorsa remotizzata.

In Italia non siamo a questo dettaglio di diritti/doveri, forse per non scoraggiare eventuali esperienze dal nascere anche in maniera “artigianale”. L’aspetto di verifica della sicurezza e sanità del luogo di lavoro remotizzato è spinoso e viene risolto normalmente coinvolgendo risorse interne responsabili della 626 e personale apposito delle ASL. In Inghilterra per controllare la sicurezza della postazione remota può essere designato un rappresentante del Sindacato, un modo snello per evitare resistenze da parte del telelavoratore. Resta inteso che il datore di lavoro debba redigere un rapporto su incidenti di lavoro, ferimenti, malattie e altre situazioni pericolose collegate alla sperimentazione di telelavoro.

Macchinette del caffè virtuali

La guida si sofferma poi sulla necessità del telelavoratore di mantenere con il luogo di lavoro tradizionale un rapporto anche informale. A tal fine sono stati previste le tipiche “facilities” di rete, ma anche ambienti virtuali di comunicazione per garantire un sufficiente affiatamento e “gossiping”. Resta a chi scrive il dubbio su quale possa essere la volontà di un telelavoratore di spettegolare quando chiunque, anche il capo, può accedere ai vari post.

Tasse e risparmi

Sicuramente degna di considerazione è la misura della Finanziaria inglese che prevede la possibilità per i datori di lavoro di detassare alcuni costi legati alla remotizzazione, ed inoltre per il telelavoratore di non considerare come tassabile il contributo che lo stesso riceve dal datore di lavoro come contributo spese (l’azienda addirittura entro il limite di 104 sterline all’anno può evitare di dimostrare contabilmente il costo).

Conclusioni

Chi scrive spera che, dopo commissioni parlamentari e svariati disegni di legge provenienti da ogni corrente politica, si arrivi a un accordo che porti a regolamentare definitivamente il telelavoro nel Privato in Italia. A chi dovrà ponderare gli interessi e le ragioni che determineranno la composizione degli articoli della futura legge va la preghiera di considerare la guida del DTI come un interessante punto di partenza.

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