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La RIAA lancia la campagna d’estate: tutti sotto osservazione per il P2P

27 Giugno 2003

La RIAA lancia la campagna d’estate: tutti sotto osservazione per il P2P

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L’avevamo paventato ed ecco che, purtroppo, le grandi case discografiche ci danno ragione. Hanno scatenato il loro cane da guardia, la RIAA e si preparano a portare in tribunale, negli …

L’avevamo paventato ed ecco che, purtroppo, le grandi case discografiche ci danno ragione. Hanno scatenato il loro cane da guardia, la RIAA e si preparano a portare in tribunale, negli Stati Uniti, migliaia di utenti del “peer-to-peer”.

Lo ha ammesso la stessa RIAA che sta iniziando a “raccogliere le prove e a preparare le cause contro gli utilizzatori individuali di computer che offrono illegalmente di condividere quantità di musica protetta attraverso le reti di scambio da privato a privato”.

Insomma, cannoni ad alzo zero per colpire chi scambia musica sulla rete, dopo aver tentato di fermare questo dilagante fenomeno attaccando le roccaforti: prima Napster e poi i suoi cloni.

All’inizio colpiranno i “distributori all’ingrosso”, spiega la RIAA, sperando di non agitare troppo i genitori di quelle migliaia di adolescenti che hanno rimpiazzato l’impianto hi-fi con il computer per ascoltare l’ultimo brano in voga.

“Adesso – apre così le ostilità il presidente della RIAA – abbiamo come bersaglio tutti quelli, che siano vecchi o giovani, che offrono file musicali illegali”.
Anche in questo campo, come nell’uso di stupefacenti, si andrà verso la nozione di “modica quantità”?

“Non ci si può aspettare dalla musica che sia creativa – continua il presidente – se la gente non la paga”. In tre anni le vendite mondiali di dischi sono scese del 25 %.

Se l’industria discografica ha tolto la catena alla RIAA, vuol dire che la situazione si sta aggravando, come spiegano gli analisti del settore, malgrado ci siano una cinquantina di siti che offrono musica online legalmente.

A ogni tentativo repressivo delle major discografiche, però, si è sempre contrapposta l’inventiva degli utenti. Non solo per la nascita di altri servizi P2P, dopo l’uccisione di Napster.

Nei campus universitari americani, ad esempio, sono nate numerose reti di scambio di brani musicali. Quattro studenti – è cronaca recente – hanno patteggiato pagando dai 12 mila ai 17.500 dollari, per concludere la causa contro di loro.

Questo esempio è stato portato dallo stesso presidente della RIAA, a sostegno della strategia dell’intimidazione, che ha spiegato come lo stesso giorno in cui sono state annunciate le cause contro i 4 ragazzi, una decina di reti identiche hanno smesso di operare.

Gli articoli di appoggio a questa nuova campagna, sono sempre quelli della legge del 1998, relativa alla protezione del copyright nell’era digitale.
Con questa legge, infatti, hanno costretto Verizon, un fornitore di accessi, a rivelare i nomi, il numero telefonico e indirizzo di abbonati accusati dalla RIAA di aver scaricato e diffuso illegalmente centinaia di brani.

“Numerosi sono quelli che pensano, a torto, che scambiare musica è anonimo – minaccia la RIAA – mentre è un’attività pubblica”.
L’indirizzo IP di un utente è legato al nome di chi lo usa e la giustizia può richiederlo e permettere così di individuare una persona.

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