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Copyright e Internet governance: quale futuro?

28 Giugno 2002

Copyright e Internet governance: quale futuro?

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Dai tentacoli infiniti del pro-copyright al destino di ICANN: occorre ampliare il dibattito pubblico.

Il futuro Internet ruota sui cardini di questioni-chiave quali copyright e Internet governance. Ragione più che buona, quindi, per continuarne a seguirne da vicino gli sviluppi, con una serie di aggiornamenti dalla scena statunitense.

Prosegue la saga sulla delicata questione delle web-radio, nell’occhio del mirino per via di nuovi balzelli cui dovrebbero sottostare sulla scia del controverso Digital Millennium Copyright Act. Nei giorni scorsi il Librarian of Congress James Billington ha deciso le nuove tariffe: 0,07 cent per canzone e per ascoltatore. Esattamente la metà di quanto proposto a febbraio dal copyright office. Stavolta la cifra corrisponde a quella prevista per le radio tradizionali che trasmettono anche sul web. Da notare che comunque le tariffe rimarranno in vigore soltanto fino a inizio 2003, quando dovrebbe scattare una normativa più ampia comprensiva di nuovi dazi. Una soluzione di compromesso che però non soddisfa, come confermano tra l’altro le critiche subito piovute da più fronti. Secondo i webcaster, pur se dimezzata la quota rimarrebbe comunque troppo elevata. Il comunicato diffuso dalla National Association of Broadcasters ribadisce come la tariffa imponga “costi proibitivi allo streaming delle emittenti e probabilmente finirà per provocare il blocco dei servizi più stimolanti per gli ascoltatori.” Replica da par suo la Recording Industry Association of America, sostenendo che in tal modo sarebbero “artisti ed etichette discografiche ad offrire sussidi alle attività di webcasting”.

Altro tematica legata al copyright in fluire continuo è quella dei digital video recorder. Si è in attesa degli sviluppi legali sulla denuncia avviata dai big di Hollywood contro SonicBlue e il proprio ReplayTV 4000 e, sul fronte opposto, alla ricaduta della recente replica giudiziaria, sotto il patrocinio di EFF, di cinque utenti “legittimi” del medesimo apparecchio. Iniziativa quest’ultima che ha già ricevuto pubblico sostegno dal deputato democratico Rick Boucher. Intanto ecco arrivare sul mercato un altro produttore (TiVo) con un modello un attimo più “advertiser-friendly”: il nuovo videoregistratore permette la registrazione in avanzamento rapido degli spot inframezzati ai film in TV. Pur non consentendo di saltarli interamente come fa invece ReplayTV 4000, mette comunque in evidenza il problema e soprattutto la possibilità di praticare in maniera creativa quel “fair use” nell’evitare la pubblicità, checché ne dica l’attuale legislazione pro-copyright. In tal senso ancora SonicBlue ribadisce con decisione la propria posizione: “Siamo convinti che ogni utente abbia diritto al ‘fair-use’, e qualunque comando attivabile sul ReplayTV è coperto da un tale ‘uso legittimo’.”

Altro argomento caldo rimane quello della cosiddetta Internet governance, un insieme spesso arcano e inscrutabile riferito alla gestione del sistema dei domini. Ambito in cui negli anni scorsi si è passati dall’illuminato depotismo di un’élite tecnologica (i padri fondatori di Internet, da Cerf a Postel) ad un complessa struttura internazionale il cui lavoro è andato via via assoggettandosi ai grandi potentati commerciali mirati soprattutto, ancora una volta, a imporre il controllo della proprietà intellettuale online. Una sorta di “addomesticamento” di Internet che in questo caso passa per la gestione dei name server e dei relativi indirizzi numerici, un’infrastruttura essenziale che rimane però nascosta e ignota alla stragrande maggioranza degli utenti. A chi andrebbe affidata l’autorità nella gestione dei livelli più alti di questa gerarchia — i domini.com e.net, ad esempio? E a chi spetta operare i “root server” che distribuiscono le informazioni su Internet? Su queste ed analoghe questioni si dipana la trama di un volume in uscita negli USA — “Ruling the Root” di Milton L. Mueller, professore presso la Syracuse University — che promette di far luce sull’intricata matassa, pur se con previsioni pessimistiche per il futuro libero ed aperto del digitale.

In particolare è sotto accusa, l’avrete capito, il barcone ormai in piena deriva noto come ICANN. Mentre si lanciano in mare le scialuppe di salvataggio, nei giorni scorsi si è tenuta un’apposita audizione presso una sottocommissione del Senato statunitense. Nello scetticismo generale sullo sviluppo dell’organizzazione o di altre similari, Nancy Victory ha parlato a nome del Ministero del Commercio che nel 1998 ha voluto lo stesso ICANN: “Si, potremmo istituire una nuova entità, un altro gruppo di persone, una struttura con un nome nuovo, ma dovremo pur sempre far fronte alle medesime problematiche.” In altri termini, il Dipartimento conferma il forte sostegno a ICANN e alla sua più che necessaria riforma, anche se il democratico Ron Wyden ha spiegato che in un tale progetto di riforma “il Ministero del Commercio deve rivestire un ruolo assai più centrale di quanto non abbia fatto in passato.” Il solito politichese per dire che lasciare un ente così delicato alla mercé dei giganti telecom e delle grandi corporation non rappresenta certamente un’operazione a tutela di quel bene pubblico che rimane pur sempre Internet. Com’è infatti noto, è proprio la voce del pubblico ad esser rimasta fuori dai processi decisionali di ICANN; ragione per cui qualsiasi ristrutturazione deve necessariamente partire da forme di partecipazione collettiva nel futuro della stessa Internet governance.

Posizione quest’ultima fortemente sollecitata da associazioni a protezione dei diritti dei netizen, tra cui Electronic Privacy Information Center (EPIC) e Computer Professionals for Social Responsibility (CPSR), le quali nei giorni scorsi hanno dato vita in quel di Washington, DC ad un simposio significativamente intitolato: The Public Voice in the Internet Policy Making. Apertosi con la relazione di Marc Rotenberg, Executive Director di EPIC, il meeting presentava tra l’altro qualificati panel per affrontare temi quali sorveglianza e censura, futuro del public domain e, appunto, ICANN e Internet governance. Una serie di questioni-chiave su cui ogni utente ha il diritto-dovere di tenersi pienamente informato, nonché di trovare spazi partecipativi per dire la propria ed essere ascoltato.

L'autore

  • Bernardo Parrella
    Bernardo Parrella è un giornalista freelance, traduttore e attivista su temi legati a media e culture digitali. Collabora dagli Stati Uniti con varie testate, tra cui Wired e La Stampa online.

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