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Kazaa strozzata da virus e discografici

28 Maggio 2002

Kazaa strozzata da virus e discografici

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Il popolarissimo sistema di scambio file viene funestato da un virus proprio mentre parte Altnet, la sua funzione più controversa. Come se non bastasse, le cause intentate dalle case discografiche portano al fallimento i suoi fondatori. Ecco le istruzioni per sopravvivere allo sconquasso

I guai non arrivano mai da soli, come si suol dire, ma nel caso di Kazaa sono arrivati a badilate. Fra gli utenti del sistema di scambio file peer to peer serpeggia da qualche tempo un certo malcontento a causa dei sempre più frequenti casi di file fasulli: file la cui descrizione non corrisponde all’effettivo contenuto. Tipicamente gli utenti di Kazaa si trovano spesso a passare ore a scaricare file che dichiarano di essere copie integrali di Spider-Man e di Attacco dei Cloni ma sono in realtà settecento e passa megabyte di vuoto assoluto (o di Cicciolina e Moana ai mondiali).

L’unica difesa contro questa forma di sabotaggio è esaminare il file durante lo scaricamento, creandone una copia e aprendola con un programma come Media Player di Microsoft o The Playa. Un guaio rimediabile, insomma; Kazaa è diventato meno affidabile di un tempo, ma perlomeno funziona senza far danni (una volta disattivati i vari spyware che contiene).

Arriva Benjamin

Ma pochi giorni fa (il 18 maggio, per la precisione) sono arrivati anche i danni, sotto forma di un virus – più correttamente un worm – progettato specificamente per gli utenti Kazaa. Il virus è stato soprannominato Benjamin e si presenta come file di circa 216 K dai nomi più disparati, basati sui brani musicali e sui film più richiesti dagli utenti. In altre parole, Benjamin si spaccia per un file audio o video di sicuro richiamo, invogliando l’utente a scaricarlo. Se l’incauto lo scarica e lo apre senza controllarlo, si infetta a sua volta.

Gli effetti dell’infezione sono molteplici e ben documentati da Kaspersky Labs e da Viruslist.com. Benjamin tende a replicarsi sul disco della vittima, riempiendolo, e si insedia in una directory che rende accessibile al circuito Kazaa: in questo modo si offre a nuove potenziali vittime. Inoltre accede a un sito Web (da cui trae il proprio nome) e ne visualizza i banner pubblicitari: una mossa senz’altro originale, dato che raramente i virus vengono realizzati a scopo di lucro. Resta da vedere se l’autore del virus è davvero collegato al sito pubblicizzato o se si tratta di un depistaggio o di una stravagante forma di vendetta.

I rimedi contro Benjamin sono estremamente banali e semplici, ma questo non ha impedito a migliaia di utenti di infettarsi. È infatti sufficiente notare le dimensioni del file scaricato (troppo esigue per un brano musicale o per un video) e soprattutto verificare ogni e qualsiasi file scaricato, usando un antivirus aggiornato: cosa che in realtà andrebbe fatta sempre e comunque, non soltanto con Kazaa. Molti utenti pensano erroneamente che un file video o audio non possa essere infetto e quindi non lo controllano con l’antivirus, ma in realtà non è così. Praticamente tutti i produttori di antivirus hanno già aggiornato i loro prodotti per intercettare anche Benjamin.

File fasulli e file infetti dimostrano ancora una volta quanto siano vulnerabili gli attuali sistemi di scambio. In circostanze simili, non ho dubbi che moltissimi utenti sarebbero disposti a pagare una cifra ragionevole pur di avere un servizio ufficiale, sicuro e affidabile. Ma i giganti dei media continuano a restare particolarmente sordi a quest’idea, a parte eccezioni talmente minuscole da confermare la regola: Vivendi, bontà sua, ha deciso di offrire online, a poco meno di un dollaro, la versione MP3 non protetta di un remix di un brano di Meshell Ndegeocello. Non sapete chi è? Appunto. Anche il coraggioso esperimento nostrano di Claudio Baglioni, la vendita online di un intero album dal vivo in MP3 a un euro a canzone, è stato interrotto non senza polemiche.

Altnet muove i primi passi

Due giorni dopo la comparsa di Benjamin è stata attivata la prima parte di Altnet, il circuito di scambio legale incluso in Kazaa. In pratica, ora Kazaa include una funzione in più, chiamata TopSearch, che durante le ricerche di file da scaricare mette in cima ai risultati versioni legalmente utilizzabili dei brani cercati e di alcuni videogame. Brani e giochi vengono messi in vendita online in versione ultrablindata con tecnologie Microsoft, con tutte le scomodità del caso per gli acquirenti onesti.

Nella seconda metà del 2002 dovrebbe essere attivata anche la seconda parte di Altnet, quella che attinge alla potenza di calcolo dei PC degli utenti per realizzare elaborazioni distribuite. I responsabili di Altnet giurano che il sistema sarà opt-in (l’utente dovrà dare il suo esplicito consenso per l’attivazione) e che lo sfruttamento dei PC sarà ricompensato con non meglio precisati “punti” per acquistare non meglio precisati “beni e servizi”. Staremo a vedere.

Nonostante i giuramenti di onestà e trasparenza, l’attivazione di Altnet non ha riscosso grande entusiasmo, non solo per la formula commerciale scomoda (i brani scaricati sono suonabili soltanto su PC Windows e non trasferibili ad altri apparecchi), ma soprattutto perché quelli di Altnet l’hanno fatta sporca: hanno inserito il loro software in Kazaa senza avvisare gli utenti, spacciandolo per un innocuo “player multimediale”. In altre parole, nei PC di milioni di utenti di Kazaa è stato iniettato segretamente un programma di cui non si sa nulla e che può venire attivato a distanza per fare non si sa bene cosa. Alla faccia della trasparenza. Non è un modo molto efficace di accattivarsi le simpatie dei clienti.

Finora alle lusinghe di Altnet hanno aderito ufficialmente soltanto 2K Sounds (EMI) e Infogrames, ma Altnet dichiara che altri nomi di spicco sono pronti ad unirsi al sistema se tutto funziona come previsto. Ed è proprio questo il problema: le cose non stanno funzionando affatto. Nei piani di Kazaa si è infatti aperta un’altra falla pochi giorni dopo, con la dichiarazione di fallimento dell’omonima società olandese fondatrice del sistema di scambio.

Kazaa (l’azienda) chiude, Kazaa (il software) no

Il 22 maggio Kazaa bv ha dichiarato che chiuderà perché non è più in grado di sostenere le spese legali derivanti dalle cause intentate dalle case discografiche e cinematografiche, che a suo dire hanno usato “tattiche legali da Rambo” per costringerla a chiudere. I tribunali olandesi avevano sentenziato che il servizio di Kazaa è legale, perché consente sì la pirateria ma ha anche molti altri usi legittimi (proprio come un videoregistratore) e soprattutto ufficialmente non ha un controllo centrale in stile Napster che permetta di monitorare le attività degli utenti. Così Hollywood e l’industria del disco l’hanno strangolato con una serie di costosissime liti legali, che loro possono permettersi e Kazaa no. Molto educativo.

In realtà la cessazione delle attività di Kazaa bv non comporta alcun effetto per il sistema di scambio peer to peer, perché il software è stato ceduto a febbraio scorso a Sharman Networks, nei confronti della quale le multinazionali dei media non hanno ancora intrapreso azioni legali.

Di conseguenza, dal punto di vista degli utenti non cambia nulla, almeno finché non parte l’inevitabile causa ultramilionaria contro i nuovi proprietari di Kazaa. Dal punto di vista del business plan che sta dietro al software, invece, cambia tutto. Dopo questa sequenza di batoste, l’ambizione di Kazaa di battere tutti sul tempo e proporsi come servizio legale per lo scaricamento di musica e video si dovrà ridimensionare non poco.

Praticamente, a questo punto la proposta d’affari di Kazaa suona così: “Salve, sono un circuito di scambio file con milioni di utenti e pieno di virus. I miei proprietari precedenti sono stati trascinati in tribunale da sette studi cinematografici statunitensi e cinque etichette discografiche. Ora sono di proprietà di un’oscura società registrata in quel di Vanuatu; distribuisco software pieno di spyware e i miei soci sono Altnet, che vuole succhiare la potenza di calcolo degli utenti, e Brilliant Digital, che installa di nascosto programmi sui PC degli utenti: in altre parole, trattiamo i nostri clienti onesti come polli da spennare. Volete essere nostri partner?”

Capisco che molti discografici possano provare un’intima affinità per il concetto di trattare i clienti onesti come polli da spennare, ma dubito che saranno in tanti a voler collaborare con chi ha alle calcagna un branco dei più pagati avvocati d’America. Il nome di Kazaa è ormai troppo compromesso.

Pronti alla fuga (all’indietro)

Come Napster e Morpheus, anche la festa di Kazaa sembra destinata a finire presto. Gli utenti cominciano a chiedersi dove andranno a rifornirsi dei loro telefilm preferiti in versioni originali e non massacrate dall’inserimento di pubblicità a metà battuta, di cui la Rai è ultimamente maestra indiscussa (ma non era suo lo slogan “non si interrompe un’emozione”?).

La soluzione definitiva a questo rimpiattino, ironicamente, potrebbe comportare un ritorno alle origini di Internet. Gli attuali sistemi di scambio file sono anonimi e impersonali: sconosciuti che scambiano file con altri sconosciuti, con tutte le scarse garanzie che questo comporta. L’unico modo per evitare fregature come i file fasulli è creare una rete di persone che si fidano l’una dell’altra perché si conoscono (se non di persona, almeno per reputazione).

Questa rete esiste già: basta associarsi a una cosiddetta “piramide ftp”, che usa uno dei più antichi e affidabili protocolli non proprietari di Internet (l’ftp) per distribuire file secondo lo schema della piramide: un utente mette un file a disposizione di dieci amici, che a loro volta lo rendono disponibile ad altri dieci, e così via. Il numero di passaggi sufficiente per una distribuzione capillare planetaria con questo metodo è sorprendentemente basso: in meno di dieci giorni un film o telefilm può essere distribuito a un miliardo di utenti.

Uno dei piacevoli effetti collaterali di questo sistema è che per associarsi alle piramidi ftp è indispensabile fare conoscenza con persone che hanno i nostri stessi gusti e le nostre stesse passioni. Non ci si può limitare, come adesso, a starsene incollati allo schermo del PC. Chi ha detto che Internet è asociale?

L'autore

  • Paolo Attivissimo
    Paolo Attivissimo (non è uno pseudonimo) è nato nel 1963 a York, Inghilterra. Ha vissuto a lungo in Italia e ora oscilla per lavoro fra Italia, Lussemburgo e Inghilterra. E' autore di numerosi bestseller Apogeo e editor del sito www.attivissimo.net.

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