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Swoosh, il logo coi baffi

19 Aprile 2002

Swoosh, il logo coi baffi

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Chi credeva che Internet fosse la culla dell'innovazione, forse dovrà ricredersi: basta fare un giro in Rete per trovare decine di logo e marchi per nulla originali

Le righe che seguono possono essere intese come una sorta di “guida per prendere coscienza”. Potete fermarvi subito oppure proseguire, ma non dite che non vi avevamo avvertiti quando vi sembrerà di vederli dappertutto.

Iniziamo il nostro percorso navigando sul sito di uno dei portali italiani più noti. La pagina si carica ed eccolo lì.

http://www.iol.it

Ora fate un salto sulla home page di uno dei fornitori di telefonia mobile, la cui pubblicità innovativa ha campeggiato a lungo tra carta stampata e Tv. Pochi secondi e…voilà! È ancora una volta lì, in primo piano.

http://www.wind.it

Non scoraggiatevi e procedete in questo surfing guidato. Digitate l’Url di un sito d’intrattenimento, di quelli che hanno fatto il botto con i reality show. A prima vista pare non esserci, ma a uno sguardo più attento eccolo saltar fuori, addirittura doppio.

http://www.jumpy.it

E anche se vogliamo fare trading online o avere ragguagli sui pagamenti virtuali ce li troviamo sempre davanti agli occhi.

http://www.intesatrade.it

http://www.visa.com

Cerchiamo sui siti di Web agency e agenzie di comunicazione e immagine. La credenza è che in queste “crew” incontaminate dal senso comune alberghi tanta creatività. Niente da fare.

http://www.geoide.it

http://www.imginternet.com

http://www.magia.org

Non si salva neppure il colosso degli Internet provider, né la più grande community mp3 o il sito di una catalizzante manifestazione iper-tecnologica.

http://www.inet.it

http://www.vitaminic.it

http://www.futurshow.it

Ovunque guardiate, li vedrete. Ma che cosa esattamente? Il marchio con l’anello, la griffe attraversata da una freccia, le etichette con la virgola. Questa striscia colorata, un po’ ricurva, che pare talvolta una banana, talaltra una semi-ellisse, è definita dagli americani “swoosh”, fruscio.

Senza scomodare un teorico “visuale” come Arnheim o gli psicologi della Gestalt, capiamo che lo swoosh è il simbolo del Web. È il flusso, la trasmissione di informazione e idee da un punto a un altro. Simbolo del mezzo, prima che di ogni altra identità.

Ma non solo. Lo swoosh è il simbolo del dinamismo, della velocità e del movimento. Ce l’hanno insegnato i Futuristi con le figure allungate, un po’ spigolose e spesso ripetute, delle loro opere di inizio secolo. L’intento era di esprimere l’azione. Era necessario tradurre graficamente concetti astratti come la velocità e il dinamismo.

Internet rappresenta il nuovo mezzo, la nuova frontiera. Chi vive l’era di Internet vive avanti nel tempo. Serviva un simbolo che racchiudesse in un’impronta visiva tutte queste cose. Lo swoosh dirige lo sguardo, perché l’occhio ne segue il movimento verso qualcosa di indefinito. Il futuro? Il successo? In ogni caso, è diverso da quanto succede con un cerchio, un quadrato o un triangolo.

Ecco perché nella comunicazione aziendale, quella orientata alla promozione dell’identità di marca, hanno cominciato ad aggirarsi swoosh sotto forma di lumachine e boomerang. Ha cominciato la Nike, trent’anni fa. Il suo logo, creato dalla designer Carolyn Davidson, si è andato a inscrivere nella coscienza collettiva. L’idea della famosa virgola nasceva dall’esigenza di trasmettere un messaggio di velocità e di azione.

http://www.nike.com

Il messaggio è passato. E si è insinuato così a fondo, nel repertorio inconscio di designer e uomini di marketing, da venire continuamente riproposto. Difficile dire quanto questa operazione di riciclo sia consapevole. Di certo, lo swoosh in Rete è metafora del futuro. Evoca attività e brillantezza. Indica che lì dietro ci sono persone che “hanno capito il domani”: lo swoosh è l’icona dell’avanguardia.

Qualche volta è pure carino, colpisce. Specie se è solo. Il rigetto arriva quando lo “si vede”, cioè quando, travolti da decine tutti insieme, ne diventiamo consapevoli. Una volta “visto” è sorpassato, scaduto, inflazionato. Dà la nausea.

Si pensa quindi alla forza dirompente dell’omologazione, a come ha narcotizzato anche gli anfratti più ispirati del sistema delle merci: i segni distintivi della corporate identity. Generalmente, il compito di esprimere il “senso” dell’azienda viene assegnato agli artisti per mestiere, ai creativi per eccellenza, vale a dire pubblicitari e designer. I logo con i baffi sono il risultato.

Può anche far riflettere un tale appiattimento della fantasia. Il logo è l’identificatore dell’azienda, eppure tutte queste “firme d’impresa” sono simili. Lo swoosh, se da un lato attenua gli spigoli materialistici e duri del commercio con la sua curva morbida, dall’altro del commercio ne riproduce gli effetti con il bombardamento di feticci (in questo caso quelli della new economy) e di artifici retorici.

Ma questo look ormai è saturo, anche se pare che le aziende non siano ancora sazie. Cavalcando l’onda dell’era tecnologica, i manager della comunicazione lanciano slogan roboanti e si marchiano con il segno dell’avanguardia. Lo swoosh è la soluzione facile, a portata di mano. Fa parte dell’immaginario collettivo, appunto, che lo lega alla Rete e alla cultura retrostante.

D’altra parte, c’è il rischio di soffocare chi ne è diventato consapevole. E il numero di queste persone sta aumentando. Swoosh no more è il sito di una giovane dipendente di una Internet company canadese. Stufa di subire l’ennesima virgola, ha deciso di raccogliere gli swoosh e mostrarli a tutti. Ecco, quindi, quelli con le frecce e con i pianeti, con le palle e con gli omini. Qui si archivia ogni sorta di swoosh. Ma poi l’autrice ha dovuto smettere di classificarli perché i molti lettori continuavano a inviarle l’ultima, incredibile, prestazione artistica di un designer della nuova economia.

Significativi, a riguardo, anche Logohell, il cui nome spiega tutto, e The Swooshtika, dove lo swoosh, la swastika postmoderna, viene descritto come il simbolo dell’egemonia capitalista. Infine, per i manager che scelgono le scorciatoie creative, ecco la Swoosh.com, “studio” italiano che produce swoosh “in serie”.

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