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Homepage usability: chi non euristica non rosica

09 Aprile 2002

Homepage usability: chi non euristica non rosica

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Usabilità: euristica per il problem solving o dogmatismo a scopo di business? A tu per tu con il nuovo libro di Jakob Nielsen: Homepage usability. Il libro da mezzo milione di dollari. Diario di un traduttore. Terza puntata.

Sta per arrivare. L’edizione italiana di Homepage usability esce ad aprile. La puntata precedente finiva con la promessa di dare un’occhiata in giro, per vedere cosa ne pensa chi l’ha già letto. Il cuore del problema, uno dei punti più caldi, è il cosiddetto approccio euristico di Nielsen. Il ruolo del guru, dell’esperto di usabilità. Tra difesa degli utenti e promozione del business. Tra dogmatismo e creatività.

Il termine “euristica”, in psicologia, indica una strategia adottata per risolvere un problema. L’approccio euristico è tipico dell’esperto. L’esperto non ragiona come un computer, ossia mediante algoritmi rigidi. L’esperto non ragiona nemmeno come un novizio che procede senza una strategia, empiricamente, distratto da presupposizioni fuorvianti, privo di principi-guida. L’esperto esplora lo spazio del problema lasciandosi guidare da tracce e ipotesi di soluzioni, come uno scout smaliziato che esplora un nuovo territorio: non va a tentoni, vede e fiuta indizi, si costruisce una mappa mentale dell’ambiente. E trova rapidamente il sentiero, la rotta, la soluzione.

Nel settore dell’usabilità, e dei metodi per valutarla, è classica la distinzione tra approccio euristico e approccio empirico. In base a questa classificazione, da un lato ci sono i metodi euristici, ossia basati sui “pareri esperti”, dall’altro quelli empirici, basati sui test con gli utenti. I primi sono metodi rapidi (anche se non necessariamente economici): un esperto o un pool di esperti ispeziona un sito andando a caccia degli errori di usabilità. I secondi richiedono tempo e organizzazione: prove d’uso sul campo, osservazione degli utenti alle prese con il sito per lo svolgimento dei task più rappresentativi.

Da questo punto di vista, non c’è dubbio che Nielsen sia un vigoroso fautore dell’approccio euristico (ne parla fin dagli esordi) e che Homepage usability sia il trionfo, il vangelo dell’euristica per quanto riguarda l’usabilità web. Certo, come ogni schematizzazione anche questa ha i suoi limiti. Nielsen ribadisce tuttora l’importanza dei test contestualizzati, con quegli utenti di quel certo sito. Resta il fatto che Homepage usability è un immenso ricettario. Un ricettario euristico, insomma il ferro del mestiere ideale per progettare e valutare “da esperti” l’usabilità dei siti. Come tale si propone, al di là della cautela e dei distinguo, e soprattutto come tale verrà recepito e applicato. C’è da scommetterci. Si capisce che c’è chi storce il naso.

Acuta ed esauriente, ad esempio, la recensione di Homepage usability scritta per Amazon dal lettore David Walker, un content manager australiano: “Heuristic evaluation in a coffee-table book” (12 febbraio 2002).

Walker tocca parecchi punti interessanti. Un fior di lettore, iper-competente. Il suo giudizio sul libro, meglio chiarirlo subito, è decisamente positivo. Ciò non toglie che nella recensione infili acutamente alcune osservazioni critiche. Altri, prima di Jakob Nielsen e Marie Tahir, hanno svolto ricerche analoghe, circa il design delle pagine e il posizionamento di elementi cruciali, come le barre di navigazione e le caselle di ricerca. L’ha fatto per esempio Michael Bernard (Software Usability Research Laboratory della Wichita State University). A questo riguardo Nielsen e Tahir, nota il lettore, non fanno che confermare statisticamente ed estendere le ricerche di Bernard. Aggiungendo valore, comunque, sotto forma di una brillante ed esaustiva sistematizzazione, di respiro molto più ampio. Il lettore David Walker apprezza la raccolta di regole euristiche, le linee-guida condensate nelle prime cinquanta pagine del libro di Nielsen. D’altra parte riconosce che molti designer detestano questo approccio, identificandolo con la più retriva standardizzazione. E che altri professionisti dell’usabilità, come Steve Krug (autore dell’ottimo Don’t Make Me Think), rifiutano l’approccio euristico in nome di quello empirico: niente regole, il web design è strettamente idiosincratico e contestuale.

Altra recensione, analogo discorso. Sempre tra gli utenti di Amazon, il lettore Graham Hamer scrive: “Take a closer look” (8 gennaio 2002). In Homepage usability, Hamer trova affascinante e imponente il tentativo di mappare il codice genetico dei siti di successo. In pratica, Nielsen come Dulbecco: il progetto Genoma del Web… Suggestivo. Ma Hamer non è soddisfatto: troppa arbitrarietà vizia le euristiche del Dr. Jakob.

Di arbitrarietà in arbitrarietà, un anonimo lettore di Atlanta ha scritto ad Amazon: “Love JN or hate him, you have to read Homepage Usability” (19 dicembre 2001). Sembra un titolo entusiasta, ma in realtà si tratta di una breve recensione molto equilibrata. Persino disincantata. La sua argomentazione conclusiva sembra una battuta ma è probabilmente uno degli spunti più significativi tra tutti i commenti che si stanno spargendo intorno al libro: “The best reason for a web professional to read this book is that most decisionmakers for corporate websites will read this and declare expertise. It’s good to be armed — and love him or hate him, JN is quoted often enough that he can’t be ignored”.
Chiaro, no? In due parole: Homepage usability sarà l’arma dei manager. Designer avvisato, mezzo salvato. Per difenderti devi conoscere le tattiche del tuo aggressore.

Restiamo un attimo a questa metafora marziale. Anche senza santificarlo, non si può negare che Nielsen sia un personaggio di notevole caratura intellettuale. Non è certo un dilettante. E nel suo libro, pur celebrando le euristiche dell’usabilità, Nielsen avverte a chiare lettere: non pensate che questo sia sufficiente. Ci vogliono test, ci vuole esperienza. Un po’ come Miyamoto Musashi che, scrivendo Il libro dei cinque anelli, ammoniva: vi consegno le chiavi della mia via della spada, ma non crediate che leggendo questo libro diventerete automaticamente invincibili samurai. Si nota forse una certa analogia? I cinque anelli di Musashi, i 36 stratagemmi degli strateghi cinesi, le centinaia di precetti dell’Hagakure di Tsunetomo, e ora le 113 linee-guida e i 1135 commenti di Nielsen per il web design. Tutti ricettari non-ricettari. Euristiche da esperti, che i novizi devono maneggiare con cura.

Solo che l’usabilità non è lo zen, non è il bushido, non è un’arte marziale. È indubbiamente meno ineffabile e sottile. È più praticabile, più alla portata di tutti. È anche meno micidiale (sebbene alcuni designer, come quell’anonimo lettore di Atlanta, temano di vedere i manager brandire Homepage usability come una mannaia, da parecchi punti di vista).

Ma, per rasserenarci, sfumiamo queste metafore marziali e passiamo a una metafora culinaria. Nella puntata precedente si diceva: ci aspettavamo una canna da pesca (un libro sul metodo, sui processi di progettazione) e ci ritroviamo con un sacco di pesci belli che cucinati (le ricette preconfezionate). Da un altro punto di vista, però, Homepage usability è il contrario del pesce. La testa e la coda sono proprio le parti del libro che i lettori hanno più apprezzato. Scorrendo le recensioni, infatti, pare che il maggiore gradimento sia riscosso tanto dalle prime cinquanta pagine quanto dall’appendice. Le prime cinquanta pagine contengono appunto le linee-guida e le raccomandazioni per il design delle home page: un concentrato di approccio euristico. L’appendice contiene una galleria delle home page analizzate da Nielsen, il quadro d’insieme dell’allocazione degli spazi visuali, il campionario di soluzioni grafiche adottate per i logo, le caselle di ricerca e altri elementi di design. In un certo senso, la prima parte del libro è il trionfo dell’euristica nielseniana, l’ultima parte è il trionfo dell’empiricità. In mezzo, ci stanno le 50 analisi dei siti, ossia un impasto di euristica ed empirismo applicati a casi reali.

Riguardo alla parte di mezzo, cioè alle 50 analisi concrete, i pareri sono molto discordi. C’è chi accusa Nielsen di arbitrarietà: certe critiche, mosse a certi siti, vengono contestate da certi lettori. Lettori che, in veste di utenti, non sono d’accordo con Nielsen. Delicata materia, quella delle valutazioni soggettive. Comunque è difficile sostenere che quelle di Nielsen siano meramente soggettive, tutt’altro.

Più fondate, caso mai, possono essere altre critiche. C’è chi obietta: le analisi dei 50 siti sono interessanti, sarebbero anzi preziose. Ma hanno vari difetti che le rendono (ironia della sorte) poco usabili a loro volta. Sono poco “scannabili”, non favoriscono lo scanning visuale: che, insegna Nielsen, è ciò che fanno gli utenti online invece di leggere parola per parola. E ancora: i problemi denunciati da Nielsen non vengono classificati per priorità. Ogni sito riceve una ventina o trentina di commenti analitici, che però sono puramente elencati “in ordine di apparizione”. Senza una gerarchizzazione della diagnosi, come facciamo a elaborare una prognosi (un redesign)? Come facciamo a distinguere gli errori di design veniali da quelli gravi? Questa critica, avanzata da alcuni utenti di Amazon, ha una sua validità. Nielsen potrebbe magari rispondere che, per un libro che vale mezzo milione di dollari, è già grasso che cola. Ma naturalmente non risponde così.:-)

Nielsen stavolta non ha una risposta pronta. Neanche nelle interviste che hanno accompagnato l’uscita del libro, e che sono un’altra miniera di informazioni interessanti. Una apparsa nella sezione Knowledge Network di “New Media Knowledge” (novembre 2001), l’altra pubblicata da WebReference.com, portale di Web design del network Internet.com (ottobre 2001). Entrambe queste interviste sono uno stimolante corredo alla lettura di Homepage usability. Non sono veline, non sono celebrazioni convenzionali. Tra un’ovvietà e l’altra, emergono vari spunti di approfondimento, chiarimenti, correzioni di tiro. Si soppesano specifici esempi delle linee-guida (perché Nielsen ce l’ha tanto con i menu dinamici e gli elenchi a discesa? il titolo della finestra è poi così importante? qual è – se esiste – l’allocazione ottimale dello spazio visuale?). Soprattutto, si sviscera la fondamentale diatriba tra euristica (dittatura), “common sense” (se è “common” vorrà pur dire qualcosa) e creatività. Inutile riecheggiare qui tutti gli spunti (anche per non dispiacere a Nielsen, che non ama le ridondanze).

Ecco, le ridondanze. Altro tema interessante, altra pista che si apre. Ci sono lettori che accusano Nielsen di voler diventare tuttologo. In Homepage usability non c’è dettaglio che si sottragga al bisturi del Dr. Jakob. Incluso il Web writing (ma qui, lo sappiamo, Nielsen aveva preceduto tutti un’altra volta: ricordate la storica guida al Web writing scritta da Nielsen nel 1998, ai tempi della Sun?). Incluso anche il copywriting in generale. In Homepage usability, lo vedrete, Nielsen scende in campo senza remore. Non solo principi, ma esempi, controcanti. Nielsen propone (e l’utente dispone?): persino le tagline, i payoff, i titoli, gli occhielli. Formulazioni alternative. Bando alle ciance (in tutti i sensi). Nielsen non si limita più a dettare linee-guida generali per la comunicazione online: le mette in pratica. In prima persona. Quanto meno un atto di coraggio. Di rottura. Altro che torre d’avorio. Esponendosi alle critiche.

Sull’evitare le ridondanze come la peste, ad esempio, ci sono Web writer che non ci stanno. E, curiosamente, ci sono italianissimi Web writer (etichetta riduttiva), come Luisa Carrada e Alessandro Lucchini, che sull’argomento hanno scritto altro (se non di più), alcuni anni in anticipo rispetto a Homepage usability. Ma la divagazione sarebbe troppo lunga. Discorso troppo ampio per introdurlo qui.

Qui il diario del traduttore si conclude. Forse. Anche perché non avrebbe senso proseguirlo dopo l’uscita del libro. Meglio lasciare la parola ai lettori e agli addetti ai lavori. Di sicuro non sarà un libro che passerà inosservato. Di usabilità si discuterà ancora parecchio (così come di accessibilità, che è una delle nuove frontiere – nuove, si fa per dire – e che in Homepage usability è ben presente). A pensarci bene, “usabilità” è una strana parola, no? Poco sostituibile (come sappiamo bene io, il mio caro amico Gioacchino Difazio e un anonimo revisore, per ragioni che non stiamo qui a spiegare);-) Ma non sostituibile in quanto convenzionale. Ha ancora un senso? Lo stesso di prima? Discutiamone, alla prima occasione.

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