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Usability: la compagnia dell’anello

29 Gennaio 2002

Usability: la compagnia dell’anello

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"Un Anello per domarli, Un Anello per trovarli/ Un Anello per ghermirli e nel buio incatenarli/ Nella Terra della Usability, dove l'Ombra cupa scende". L'usabilità è al servizio del Potere? Nasce un web ring anti-usability? Nielsen è un Cavaliere Nero dell'usabilità? Brevi note a margine di un articolo di Ennio Martignago

Qualche giorno fa è apparso su Apogeonline un pezzo di Ennio Martignago carico di spunti critici contro Nielsen e la formalizzazione della Web usability. Due le argomentazioni: Nielsen è americano; Nielsen è un ingegnere. Da qui una serie di corollari e spunti pregevolissimi così come (a mio modesto avviso) discutibilissimi. Un ottimo articolo, quello di Martignago, per vari motivi: (1) Ennio è un internettiano Doc di puro lignaggio e grande classe; (2) discutere è un bene; (3) con notevole tempismo questa discussione si innesca proprio nel momento in cui esce il nuovo libro di Nielsen.

Una precisazione importante: le note di Martignago facevano riferimento al libro precedente di Nielsen: Web Usability, tradotto da Apogeo nel 2000. A fine 2001 ha visto la luce l’ultima creatura nielseniana, Homepage Usability. Se già c’era motivo di discutere prima, ora sulla usability ci sarà ancor meno da ridere. Nel bene e nel male. Ma su questo nuovo libro di Nielsen, piuttosto significativo, usciranno altri articoli a partire dai prossimi giorni. Uno, almeno, l’avevo già preparato: ma chissà cos’altro succederà.:-)

Per ora vorrei solo replicare a Martignago con un paio di osservazioni rapide e senza alcuna pretesa. Più avanti credo che torneremo in molti sull’argomento. Allora, perché Nielsen fa male? Primo: è americano. Secondo: è un ingegnere. Questo lo schema di Martignago (che pure riconosce alcuni meriti a Nielsen, a Norman e a tutti i padri fondatori della usability). Non mi soffermo, altri sono intervenuti in passato, e penso interverranno di nuovo, con molta maggiore puntualità e autorevolezza. Mi permetto solo, a caldo, di accennare quanto segue.

  1. “In quanto yankee, Nielsen ha l’ossessione del business. (…) Ha la mania della norma, della standardizzazione”. Verissimo. Sul versante business della usability c’è molto da dire, indubbiamente. Se n’è già parlato: abbiamo letto tutti l’irresistibile querelle tra Bifo Berardi, Salvatore Romagnolo e altri: L’usabilità è reazionaria? Per quanto riguarda la standardizzazione, siamo sicuri che è il ricettacolo di ogni male, la tomba della creatività, il cappio del Potere? Siamo sicuri che mantenere standard incompatibili nello scartamento ferroviario avrebbe giovato allo sviluppo socioeconomico dei paesi dell’Est? Che i capricci architettonici (e le relative barriere) siano spunti di originalità estetica graditi agli utenti, specie ai portatori di disabilità? Nielsen non impone niente. Stiamo attenti all’equivoco. Le norme ISO a cui allude Martignago esistono, altroché, anche in materia di usabilità (non le ha scritte Nielsen, né Norman). Ma nessuno, mi pare, le adotta come vangelo o anche solo come riferimento pratico in fase di progettazione. Nessuna omologazione. E Nielsen, da parte sua, non è un ufficiale, un burocrate dell’usabilità. Non ha autorità, ha una sua (fondata, per quanto non dogmatica) autorevolezza. Non impone: consiglia. A caro prezzo (libri a parte), d’accordo. Ma consiglia: “Se fate siti poco usabili, se ve ne infischiate di come gli utenti ragionano e navigano, fallirete il bersaglio”. Si può discutere riguardo ai destinatari della consulenza: una volta Nielsen parlava prevalentemente agli (o meglio, degli) utenti, oggi parla soprattutto alle (delle) aziende. Ma il senso del suo approccio sta su un altro livello: è sempre lo user advocate per eccellenza. Almeno così pare. Ne riparleremo, se possibile. By the way, a proposito di usabilità e difesa degli utenti, Martignago menzionava Norman e l’e-learning: ecco, è uscito poco tempo fa un interessante articolo di Jan Reister che fa ben capire quanto e come l’usabilità sia importante per l’e-learning. Per chi lo progetta e soprattutto per chi ne è il destinatario. L’usabilità non è solo marketing delle piattaforme.
  2. “In quanto ingegnere, Nielsen è refrattario al superfluo. (…) Ha la presunzione di oggettività”. Altrettanto vero. In senso lato, Nielsen non è un mattacchione. Certo, nelle foto assomiglia vagamente a John Belushi ma non è che ispiri a uscirci a bere una birra insieme mentre si chiacchiera di usabilità. Non è un istrione. È un serio (serioso?) professionista. Ma si può per questo ridurlo al ruolo di censore? Di ammazzacreativi? Secondo me No. A maggior ragione oggi: il suo nuovo libro segna una inedita discesa in campo. Basta criticare: è il momento di proporre. L’esperto di usability non deve più limitarsi a correggere, bacchettare, negare: deve affiancare il designer, interagire propositivamente. Non più contrastare il design non usabile, ma suggerire soluzioni di design usabile. Non è poco. Nielsen oggi propone un nuovo approccio alla usability: da parametro “negativo” (in nome del quale criticare, forse anche livellare) a fattore di impulso “positivo”, ispirazione costruttiva per la progettazione web. Se e quanto la svolta funzioni, è un altro discorso. Anche di questo si discuterà non poco, credo.

E poi: gli utenti sono sviliti in quanto “topolini dei laboratori nielseniani”? Beh, è come dire che in democrazia gli elettori sono sviliti in quanto formichine che alimentano i seggi elettorali (oscuri altari del Potere)? È un male predicare che gli utenti siano il punto di riferimento della progettazione? Che il web design debba attenersi alle esigenze degli utenti reali anziché ai vezzi (quelli sì, onanistici) di designer in cerca di affermazione e sgomitanti per la ribalta? Certo, un conto è ciò che si predica, un conto è come si razzola. Lo sappiamo. E su questo ci sarà ancora da discutere.

L’usabilità proposta dai guru stile Nielsen è reazionaria e soffocante? Sono meglio “le sbronze dei creativi”? L’idea non è che non sia seducente. Ma allora che facciamo? Progettiamo un cruscotto di automobile con sfondo viola e caratteri gialli corpo 10, perché così il designer è libero, selvaggio e appagato? No, meglio: facciamo progettare a ogni utente il suo cruscotto? Perché questo dovrebbe essere il Web per i libertari anti-Nielsen: progettazione autonoma, al massimo assistita. Ognuno faccia come crede. Ognuno si faccia il suo sito, magari diverso ogni giorno a seconda di come si sveglia la mattina. La fantasia al potere. Sarebbe bello. In fondo, è un periodo in cui tutto si mescola e si contamina. Martignago propugna un movimento anti-globalizzazione per l’usabilità? Interessante. In fondo perché no? Se libro-manifesto dell’antiglobalizzazione diventa un fenomeno di marketing e logo di se stesso, se un certo gruppo musicale viene applaudito in un certo centro sociale per un brano presentato a Sanremo, allora tutto ci può stare.;-)

La fantasia al potere. Sarebbe bello. Se fosse realistico. Ma siccome non ne conosco molti di utenti in grado di aderire a una proposta del genere, il paradosso è che gli scenari più libertari nel caso del Web (trattandosi di un medium ancora non metabolizzato a dovere) si traducono in un vero digital divide. La fantasia al potere, sì: ma solo quella degli smanettoni. Gli altri si arrangino. Poveri hobbit senza un Gandalf dell’usabilità, saputello quanto si vuole ma tutto sommato protettivo… Lo so che è una semplificazione. Ho risposto alle intelligenti provocazioni di Martignago con una manciata di contro-provocazioni. Intanto, comunque, parliamone. E, per concludere, Ennio citava la beat generation: “Se incontri un Buddha per strada, uccidilo”. Ok, io sono un tradizionalista e risalirei alle fonti zen: “Se uno ti indica la usability, tu non guardare il dito”.

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