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Nomi di dominio: pronunce contrastanti del Tribunale di Firenze

31 Ottobre 2001

Nomi di dominio: pronunce contrastanti del Tribunale di Firenze

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Il Tribunale di Firenze sembra aver abbandonato l'orientamento, discordante con la giurisprudenza prevalente, che negava l'applicabilità ai nomi di dominio delle norme che tutelano il marchio d'impresa

Il Tribunale di Firenze, Sezione II, con l’ordinanza 28 maggio 2001, n. 2794, ha stabilito che non è lecito utilizzare come domain name per il proprio sito il marchio registrato da un’altra impresa, al fine di sfruttarne la notorietà, qualora vi sia un’identità, anche parziale, dell’oggetto sociale delle due società.

La pronuncia ha riformato la precedente ordinanza del 23 novembre 2000, del medesimo Tribunale, sezione distaccata di Empoli, riconoscendo il diritto della società titolare del marchio registrato “Blaupunkt” di vietare l’utilizzo, da parte di una società concorrente, del nome di dominio blaupunkt.it.

Con la precedente ordinanza, invece, il ricorso era stato respinto sulla base dell’affermazione che il nome a dominio rappresenta soltanto un indirizzo di rete, al quale non è applicabile la tutela prevista dalla normativa dalla legge sui marchi (R.D. 21 giugno 1942, n. 929) e dalla disciplina codicistica in materia di concorrenza sleale.

“Non può ritenersi corretta la parificazione del domain name al marchio o all’insegna di un’impresa” – aveva affermato il Tribunale – “essendo lampante la differenza esistente tra il marchio (caratterizzato da vari tipi di segni grafici che possono formare infinite combinazioni), che tutela il prodotto di una impresa, ed il domain name che può essere formato soltanto da lettere o numeri e che costituisce esclusivamente un indirizzo telematico che consente di raggiungere il sito da qualsiasi parte del globo”.

I giudici fiorentini che hanno pronunciato l’ordinanza 2794/01 hanno, invece, affermato che il domain name non può essere considerato un mero indirizzo telematico, qualora l’utente sia un’impresa commerciale che intende utilizzare il sito per pubblicizzare e offrire propri beni e servizi, nonché per promuovere vere e proprie negoziazioni.

Deve essere perciò applicata, anche ai nomi di dominio, la disciplina sui segni distintivi dell’azienda e, in particolare, sulla tutela del marchio.

L’uso del marchio altrui nell’indirizzo del proprio sito Internet, con modalità contrarie alla legge, tali da generare confusione sul mercato, al fine di ricavare un indebito vantaggio dalla notorietà dei segni distintivi di altre imprese, integra – si legge nel testo dell’ordinanza – un’ipotesi di concorrenza sleale, ai sensi dell’art. 2598 cod. civ.

La regola propria dell’ordinamento di Internet, del “first come, first served”, non può trovare applicazione quando le comunicazioni nella rete telematica abbiano assunto rilevanza “per settori della vita civile ed economica appositamente disciplinati dalla legge statale”.

È interessante notare, però, che con la successiva ordinanza 7 giugno 2001, n. 3155, lo stesso Tribunale di Firenze, Sezione II, si è dimostrato più cauto, riconoscendo maggiore rilevanza al principio del “first come, first served” e richiamando la qualificazione del nome di dominio quale “indirizzo telematico”. Il Tribunale ha, comunque, precisato che “non è indifferente che lo stesso sia composto da una certa sequenza di lettere dell’alfabeto piuttosto che da un’altra, poiché detta sequenza, se corrispondente a un segno distintivo, è capace di orientare le scelte del consumatore”.

Perciò, ai nomi di dominio si applica la disciplina sui segni distintivi dell’azienda. L’affinità merceologica dei settori di uso dei segni distintivi, però, deve essere valutata in relazione alla peculiarità dei nomi di dominio e all’idoneità di uno specifico domain name a sfruttare la notorietà dell’identico marchio altrui.

Applicando questi principi, il Tribunale ha confermato il provvedimento cautelare precedentemente concesso a favore della società Novamarine 2, col quale era stato inibito alla Gema S.r.l. l’uso del nome di dominio “novamarine.it”.

Il Tribunale di Firenze è giunto, invece, a diverse conclusioni nei confronti del provider Dada S.p.a. – che aveva registrato il dominio – concludendo che, in generale, la responsabilità del provider deve essere esclusa, tranne “in ipotesi di registrazione di un nome di dominio corrispondente ad un marchio di tale risonanza da indurre necessariamente il provider, secondo le normali regole di prudenza, ad astenersi dall’eseguire la prestazione, essendo di immediata evidenza l’illecito dell’utente finale”.

In caso contrario, si finirebbe per addossare al provider la responsabilità del giudizio sulla liceità o meno della registrazione del nome di dominio, vale a dire una serie di valutazioni che sicuramente non gli competono.

L'autore

  • Annarita Gili
    Annarita Gili è avvocato civilista. Dal 1995 si dedica allo studio e all’attività professionale relativamente a tutti i settori del Diritto Civile, tra cui il Diritto dell’Informatica, di Internet e delle Nuove tecnologie.

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