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Si prepara l’esodo da Silicon Valley?

31 Agosto 2001

Si prepara l’esodo da Silicon Valley?

di

Disoccupazione alle stelle e altre ricadute della depressione digitale.

Affermare che la new economy abbia il fiato corto non fa più notizia. Lo stesso dicasi della miriade di fallimenti, licenziamenti e chiusure che costellano le storie recenti di società high-tech grandi e piccole. E tuttavia si fanno più preoccupanti le avvisaglie estive in arrivo dal cuore di Silicon Valley. La crisi diventa ogni giorno più ‘brutale’, segnalano le agenzie-stampa, e il riflusso economico colpisce in maniera ‘indiscriminata e pesante’. Secondo un’analisi di Associated Press, il valore dei titoli azionari delle 100 maggiori società high-tech nell’area di Silicon Valley è sceso complessivamente di 2 triliardi di dollari rispetto al massimo storico della primavera 2000. Una perdita che va comportando tra l’altro il raddoppio del livello di disoccupazione in zona, oramai superiore alla media nazionale del 4,5 per cento. Quindi: è forse azzardato prevedere l’approssimarsi di una sorta di esodo in grande stile dalla valle al silicio?

Le drastiche riduzioni di personale colpiscono non solo start-up di primo pelo, ma giganti della stazza di Hewlett-Packard e Cisco: nel 2001 quest’ultima ha già licenziato 8.500 dipendenti, pur a fronte di previste assunzioni, appena lo scorso autunno, al ritmo di circa mille persone ogni mese. Pur rimanendo tipicamente dinamico, il mercato occupazionale locale attraversa crisi mai viste. Tutt’altro che rari i casi di persone dotate di due lauree e pluridecennale esperienza in campo informatico rimaste senza lavoro. Distribuiti online e offline, curriculum vitae da sogno ottengono dettagliate interviste, ma non assunzioni. Da dicembre 2000 a fine luglio il livello di disoccupazione della Contea di Santa Clara è balzato dal record minimo dell’1,3 per cento al 4,7, percentuale che rimanda ai tempi pre-digitali del 1995. Nell’area metropolitana di San Francisco negli stessi 6-7 mesi si è passati dal 2,5 al 5,3 per cento. E si badi bene, la media nazionale di disoccupazione è attualmente fissata intorno al 4,5 per cento. Senza contare ulteriori licenziamenti e riduzioni di stipendio segnalate un po’ ovunque nel mese di agosto, con similari previsioni per l’autunno alle porte.

“Il mercato del lavoro praticamente non esiste più”, sostiene risolutamente un quasi sessantenne con 36 anni di impieghi high-tech alle spalle. “Se l’andazzo prosegue per altri quattro, sei mesi assisteremo ad un esodo di massa da Silicon Valley.” Previsione funerea ma confermata da veterani quali Jerry Sanders, fondatore nel 1969 di AMD (Advanced Micro Devices), concorrente di Intel nella produzione di chip: “È il peggior periodo mai visto da queste parti.” Insiste il proprietario di un ristorante iper-frequentato dall’high-tech locale: “La Valley è passata dall’entusiasmo al terrore…molta gente è sull’orlo del baratro emotivo e finanziario.” Attenzione, però: c’è anche chi la pensa diversamente. Il rettore della Business School presso la San Josè University, ad esempio: “Certo, il rallentamento è innegabile, ma non così ridicolo come vorrebbero farci credere.” Parecchie società ritengono infatti si tratti di un riflusso fisiologico oltre che temporaneo, cercando di tenersi a galla in attesa di tempi migliori in un futuro più o meno prossimo. Il solito ritornello secondo cui, dopo essere stata lanciata sproporzionatamente in orbita spaziale, la new economy è finalmente tornata con i piedi per terra. E non potrà non proseguire la propria crescita pur se con ritmi, appunto, terreni e non stratosferici.

Nel frattempo, tra i vari effetti a cascata della crisi si assiste a lievi miglioramenti del traffico stradale sulle arterie che collegano Silicon Valley alla Bay Area, pur se gli ingorghi rimangono sempre ‘atroci’, nella definizione dei frequenti aggiornamenti radiofonici sullo scorrimento locale. Sensibili anche le riduzioni del settore immobiliare, balzato alle stelle sull’onda del boom digitale. Un anno fa un’abitazione familiare nella Contea di Santa Clara restava sul mercato una media di venti giorni circa, oggi si è passati a quasi sessanta. Nel luglio 2000 erano 1.900 le case unifamiliari in vendita, attualmente superano le quattromila unità. Con prezzi medi ridottisi di qualche decina di migliaia di dollari, pur rimanendo su cifre tuttora ragguardevoli, al di sopra del mezzo milione di dollari. Gli affitti restano comunque elevati, soprattutto a San Francisco e dintorni, a conferma del fatto che il costo della vita rimane comunque problema centrale un po’ per tutti i residenti. Non pochi dei quali sono alla prese con un’altra serie di effetti causati dal riflusso economico, quelli per così dire psicologici.

Problemi che colpiscono un’ampia fascia di lavoratori abituati a lavorare con ritmi assai sostenuti, i cosiddetti ‘work-holics’, spesso impegnati 10-12 al giorno per 6-7 giorni a settimana, proprio a sostegno degli sforzi espansionisti della nuova economia (e del portafoglio personale). Un avvocato appena licenziato ha così avuto la brillante idea di lanciare dei “Recession Camp” estivi: week-end che vedono gite in bicicletta, scampagnate ed altre attività sociali dedite ad ex-dipendenti di aziende high-tech. In altri termini, a un certo punto non resta altro che far fronte all’enorme quantità di tempo libero improvvisamente disponibile, evitando di cader vittima di una facile depressione. Depressione che invece non accenna a diminuire per l’high-tech californiano e che potrebbe portare ad un esodo davvero inusitato perfino in un’economia da sempre instancabile come quella a stelle e strisce.

L'autore

  • Bernardo Parrella
    Bernardo Parrella è un giornalista freelance, traduttore e attivista su temi legati a media e culture digitali. Collabora dagli Stati Uniti con varie testate, tra cui Wired e La Stampa online.

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