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Open source, brevetti e barriere protettive

10 Aprile 2000

Open source, brevetti e barriere protettive

di

Crescono le iniziative open source contro brevetti, software e standard proprietari, da Amazon al DVD

Cavallo di battaglia centrale dell’intero movimento open source rimane la massima circolarità e disponibilità di risorse, software, contenuti. Una posizione che in questi anni ha conquistato molti aderenti soprattutto in quelle iniziative lanciate, tra l’altro, contro l’appropriazione di brevetti su tecnologie di uso comune nonché contro l’affermazione di standard proprietari. Entrambe pratiche considerate normali all’interno delle grandi corporation informatiche, ma che vanno dimostrandosi sempre più stantie anche sull’onda della new economy. Il tutto rientra a pieno diritto nello spinoso dibattito che concerne il concetto stesso di proprietà (intellettuale ma non solo) nell’epoca di Internet.

Non è quindi casualmente che in una recente intervista apparsa su LinuxWorld, Richard M. Stallman, padre del progetto GNU oltre che fondatore della Free Software Foundation, sottolinea come da quasi 20 anni i brevetti sul software colpiscano indiscriminatamente l’attività dei programmatori. Spingendosi oltre per invocare concrete azioni di boicottaggio contro Amazon.com, rea di aver ottenuto a fine febbraio l’uso esclusivo del cosiddetto “affiliate program” (link diretti presenti in siti altrui, i quali ricevono una percentuale del venduto), che si aggiunge al brevetto garantitole per il “1-click order”, opzione più che necessaria per consentire acquisti immediati. Entrambe le funzioni costituiscono innovazioni importanti ma tutt’altro che originali, utilizzate come sono da numerosi negozi virtuali.

Inevitabile il grido di battaglia di Stallmann, che ha fornito ulteriore vigore al tam-tam open source, rilanciato altresì da iniziative analoghe, come quella avviata da Tim O’Reilly, fondatore della omonima casa editrice californiana dedita a Linux e dintorni. In un paio di settimane sono state diverse migliaia gli utenti Web che hanno sottoscritto la sua lettera aperta a Jeff Bezos. Una lettera in cui si ribadiva sostanzialmente la necessità di mantenere standard aperti per il bene dell’intera collettività di Internet. La replica di Bezos non si è fatta attendere ma è apparsa confusa: Amazon non intenderebbe perseguire le piccole entità che continueranno ad usare quei “brevetti”, e la mossa andrebbe vista soltanto come dovuta tutela di fronte ai possibili accerchiamenti di pescecani tipo Microsoft o Barnes & Noble. In ogni caso, in diversi ambiti online parecchi utenti hanno esplicitato l’intenzione di rivolgersi altrove per lo shopping online. Senza contare, infine, un’altra conseguenza non certo minima di questo sommovimento: l’annunciata revisione del processo di assegnazione di tali brevetti proprietari annunciata recentemente dall’apposito ufficio statunitense.

Se fin qui si tratta di piccoli grandi successi ottenuti dal movimento open source, in quest’ambito resta sul tappeto una faccenda ben più sostanziale, viste anche le beghe legali in corso. La controversia sul Digital Versatile Disc (DVD) e il relativo software DeCSS (60K) in grado di far girare questi ultimi anche su Linux – infrangendo in tal modo i sistemi di crittazione inseriti a protezione del DVD (prima disponibile solo per sistemi Windows e Mac). L’industria cinematografica, incarnata dai mitici studi di Hollywood, ha deciso di difendere a spada tratta questo che appare uno suoi prodotti più redditizi. Con il DeCSS reperibile online già da ottobre, a fine anno sono scattate le denuncie giudiziarie della Motion Picture Association of America (MPAA) per impedirne la diffusione. A gennaio una corte federale di Manhattan ha dato ragione agli otto studi querelanti, inclusi Universal Studios, MGM, Time Warner. In particolare l’ingiunzione ha colpito il sito di 2600, nota fanzine di-per hacker. Ma il suo editore, Emmanuel Goldstein, aveva subito informato che il software “è liberamente disponibile su più siti Web di quanti riusciamo a tener traccia.” Al contempo sono partite campagne di sensibilizzazione davanti a cinema e teatri di oltre 100 città USA, con il pieno appoggio delle organizzazioni a difesa dei diritti civili online, Electronic Frontier Foundation in testa. Gli ultimi aggiornamenti degli scorsi giorni riportano tuttavia una nuova denuncia da parte della MPAA stavolta per ottenere la rimozione dal sito 2600.com perfino delle centinaia di link tramite i quali scaricare il DeCSS.

Al di là del parere dei giudici atteso entro il prossimo mese, c’è da scommettere che tale iniziativa a difesa del copyright non otterrà altro che l’inasprimento della tenzone, spingendo ancor più la libera circolazione del software “illegale”. Anche perché quest’ultimo viene difeso dal variegato pianeta hacker e open source come legittima operazione di “reverse engineering”, tipico prodotto della libertà d’espressione tutelato dal Primo Emendamento alla costituzione statunitense. Ma non basta. Altra ficcante contromossa arriva da una tecnologia perfettamente legale annunciata una settimana fa dalla InterVideo. Già proprietaria di una licenza per il Content Scrambling System (CSS), l’azienda si appresta a commercializzare un software per unità DVD in grado di operare su piattaforme Linux. Il prodotto, chiamato LinDVD, offrirà una molteplicità di funzioni e raggiungerà il mercato USA nella tarda primavera al prezzo di 29,95 dollari. I responsabili di InterVideo fanno comunque sapere che “offriranno alla comunità open source quanto più possibile del codice originario”. Rincara la dose Linus Torvalds: “è un altro giorno eccitante per la comunità Linux… i prodotti audio-video digitale di InterVideo amplieranno notevolmente l’esperienza multimediale di Linux.” Senza dimenticare il sito OpenDVD.org, ricco di informazioni sull’evolversi delle situazioni in corso nonché di codici per far funzionare il DVD su Linux.

È ragionevole prevedere che, grazie al dilagare del sistema operativo alternativo, il successo arriderà anche a tale software e relative campagne di sensibilizzazione. E a quel punto, ironicamente, sarebbe l’industria cinematografica a sentirsi accerchiata. Da una parte alle prese con miriadi di “mirror” e link per il software “illegale” anti-DVD, incluse costosissime battaglie legali e decreti forse impossibili da applicare; dall’altra costretta ad accettare la diffusione commerciale di programmi Linux per DVD del tutto legali, in pratica realizzati dalla stessa comunità open source che ha deciso di combattere con ogni mezzo. L’ennesimo ribaltamento di equilibri provocato dalla crisi del concetto di proprietà nel digitale e dalla massima circolarità del software consentita dal sagace uso di Internet. Una sfida nient’affatto inutile.

L'autore

  • Bernardo Parrella
    Bernardo Parrella è un giornalista freelance, traduttore e attivista su temi legati a media e culture digitali. Collabora dagli Stati Uniti con varie testate, tra cui Wired e La Stampa online.

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